Cessione o lease back dei beni interessati annullano gli effetti
Da capire a chi va attribuito il saldo attivo se l'operazione avviene l'anno successivo
I beni rivalutati devono essere detenuti fino a tutto il 2023 per evitare che la loro cessione determini l’annullamento degli effetti e dei vantaggi fiscali della procedura. Questo fa sorgere il dubbio che il trasferimento di un bene a seguito di operazione straordinaria possa determinare questi effetti negativi, ma non è così.
Il trasferimento di un bene quale conseguenza di una operazione neutrale di fusione, scissione, trasformazione o conferimento di azienda non comporta alcuna penalizzazione alla avvenuta rivalutazione (circolare 11/09, paragrafo 6 che tratta del conferimento di azienda ma le conclusioni sono ovviamente estendibili alla fusione e alla scissione). Qualunque altro trasferimento entro il 2023, invece, comporta il venir meno degli effetti della rivalutazione.
In questo senso occorre non sovrapporre le regole che l'Agenzia ha diramato per la questione della cessione dei beni strumentali (si veda la recente circolare 9/21) entro il biennio dall’acquisto per quanto attiene al credito d’imposta per investimenti. In entrambi i casi (rivalutazione e credito d’imposta) la cessione del bene vicina alla data della rivalutazione/acquisizione genera problemi, ma mentre nell’ambito del credito d'imposta è possibile cedere il bene senza problemi con la cessione d’azienda o con operazioni di lease back, nell’ambito della rivalutazione queste ultime cessioni non salvaguardano il contribuente dall’effetto recapture, anche se i motivi di tale diversa valutazione non sembrano del tutto ragionevoli.
Se l’operazione straordinaria avviene nel 2021 la società avente causa eredita il bene rivalutato, ma occorre considerare gli effetti sulla riserva da saldo attivo che va trasferita o meno alla società subentrante a seconda del tipo di operazione eseguita. In primo luogo nel conferimento di azienda non vi è alcun trasferimento alla conferitaria di elementi del patrimonio netto, sicchè il saldo attivo resterà ancorato alla società conferente.
Questo è un passaggio importante (ribadito anche dalla circolare 14/17) poiché in caso di cessione del bene rivalutato entro il 2024 (cessione che viene eseguita a questo punto dalla conferitaria) gli effetti sul saldo attivo si manifestano sulla conferente che vedrà mutare lo stesso saldo attivo da riserva in sospensione a riserva il libera.
Se invece l’operazione è la fusione, il saldo attivo (riserva in sospensione moderata) dovrà essere ricostituito dalla incorporante solo se vi è un avanzo di fusione o un aumento di capitale superiore all’ammontare complessivo del capitale della società partecipanti alla fusione stessa. Ciò significa, ad esempio, che se nella fusione non vi è aumento di capitale (caso del disavanzo), tali riserve non vanno ricostituite dalla incorporante.
Nel caso della scissione, invece, la riserva in sospensione d’imposta da saldo attivo viene suddivisa tra le società beneficiarie e scissa, tenendo conto che, se l’operazione avviene nel 2021, anno in cui è ancora vigente il periodo di “sorveglianza” del bene rivalutato, il saldo attivo andrà attribuito interamente alla società destinataria del bene rivalutato quale elemento strettamente correlato. In questo senso si è pronunciata esplicitamente l’agenzia delle Entrate con l’Interpello 97 del 2020. Cosa diversa sarebbe se la scissione avvenisse nel 2024, terminato il periodo di sorveglianza del bene rivalutato: in tal caso il saldo attivo verrà suddiviso tra le società partecipanti alla scissione in proporzione al patrimonio netto contabile attribuito.