Cessione di quote o recesso del socio: uscita dallo studio a fiscalità variabile
Sotto i riflettori la dinamica decrementativa o liquidatoria degli enti associativi professionali: dal 2022 i professionisti individuali sono esonerati per legge dall’Irap
Nel mondo professionale l’esigenza di aggregazione tra studi è certamente prevalente sulla tendenza contraria, cioè la disaggregazione o la fuoriuscita di professionisti da realtà associative. Ciò nonostante, è interessante valutare anche la dinamica decrementativa o liquidatoria degli enti associativi professionali, anche alla luce del fatto che dal 2022 i professionisti individuali sono esonerati per legge dall’Irap, che invece continua a essere dovuta per le società o gli studi associati. È possibile – o magari anche probabile – che tale risparmio Irap indurrà alcuni piccoli enti associativi a ripensare alla forma giuridica per la gestione dell’attività professionale.
I percorsi di disaggregazione
Una modalità molto frequente che permette al singolo professionista di uscire da una realtà associativa è il recesso o la cessione di quote. Si tratta di due percorsi che arrivano al medesimo obiettivo, ma attraverso passaggi diversi. Mentre nel recesso tipico il rapporto contrattuale si instaura tra la società e il socio recedente, ed è quindi la prima che dovrà versare al secondo il valore della sua quota, riducendo il capitale sociale, nella cessione di quote l’operazione avviene tra i soci, e lascia inalterato il capitale della società cambiando solo la compagine.
Il recesso
Analizzando la prima operazione, cioè il recesso, occorre ricordare l’interpello 142/2008, nel quale un professionista recedeva da un’associazione professionale ricevendo somme in denaro. L’agenzia delle Entrate, dopo aver ribadito l’assimilazione dell’associazione professionale alla società semplice, ricorda che la parte di somma corrisposta al socio recedente che fa riferimento all’eccedenza rispetto al capitale conferito in partenza, costituisce un’indennità di recesso che va tassata ex articolo 17, comma 1 , lettera l) del Tuir, anche separatamente se l’associazione svolge attività da almeno cinque anni.
La risposta in questione è molto succinta e non distingue, nella somma pagata, ciò che rappresenta la distribuzione di riserve di utile già attribuite per trasparenza (e tassate) dal socio recedente negli anni precedenti, da ciò che invece rappresenta quel quid pluris che è l’apporto o il maggior valore beneficato dall’associazione tramite l’apporto del socio. Sul punto si ritiene che solo tale maggior valore (di norma l’avviamento e l’utile in corso di formazione nell’anno di recesso) possa costituire somme tassabili.
Una diversa interpretazione che applicasse alla lettera le indicazioni dell’interpello 142, porterebbe a fenomeni di doppia tassazione. Peraltro, la precedente risposta ad interpello 64 /2008, ha più precisamente affermato che ciò che va tassato in capo al socio recedente è la differenza da recesso, cioè la parte di somma attribuita al recedente che eccede il conferimento iniziale e gli utili attribuiti e tassati per trasparenza nei vari anni.
Le precisazioni della Risposta 64 valgono certamente quando il socio recede da una Stp costituita sottoforma di Snc o Sas, ma non possono che valere, a parere di chi scrive, anche per il recesso da associazione professionale o società semplice, se si vuole evitare fenomeni di doppia imposizione.
La cessione di quote
Discorso a parte va fatto per la cessione di quote di associazione professionale o società semplice professionale. La tassazione della plusvalenza da capital gain disposta dall’articolo 67, comma 1, lettera c) e c bis del Tuir, prevede un’esimente relativa alla cessione di quote in associazioni professionali di cui al comma 3, lettera c) dell’articolo 5 del Tuir. Data l’assimilazione di associazione professionale con società semplice professionale, si può ritenere che l’esimente da tassazione sia estesa anche alla cessione di quote di queste ultime società.
Collegata all’irrilevanza reddituale della plusvalenza da cessione, vi è l’impossibilità di riconoscere un costo fiscale all’acquisto della quota in capo all’acquirente. Questo elemento diviene un ostacolo non trascurabile in caso di successiva trasformazione della associazione in Stp commerciale, perché in tal caso, se venisse ceduta la quota, non si potrebbe invocare l’esimente da tassazione della plusvalenza ed il costo di acquisto verrebbe parificato a zero.
Anche in questo caso si potrebbero manifestare fenomeni di doppia tassazione come rilevato dalla dottrina.
GLI ESEMPI
La situazione
Un avvocato intende recedere da uno studio associato che egli ha costituito insieme ad altri due avvocati. La somma che gli viene riconosciuta comprende anche l’avviamento che lo studio ha conseguito nel corso degli anni. Qual è la tassazione?
La soluzione
Escluso il conferimento iniziale, secondo l’agenzia delle Entrate dovrebbe essere tassata quale reddito partecipativo, la somma ricevuta. Si ritiene che possa essere esclusa da tassazione la quota di denaro corrispondete agli utili non distribuiti nel passato.
La situazione
Un ingegnere intende cedere la propria quota di partecipazione alla società di Ingegneria Xy Srl ad un collega, incassando un corrispettivo. L’operazione genera tassazione in capo al cedente?
La soluzione
La risposta è positiva. La cessione di quote di Srl genera capital gain anche se l’attività eseguita dalla società è professionale. Solo la cessione di quote di associazione professionale o società semplice sarebbe esclusa da tassazione.
La situazione
Due avvocati intendono costituire una società per l’esercizio della professione, inserendo come socio di minoranza un soggetto non avvocato. È possibile costituire una società con un terzo socio non professionista?
La soluzione
La risposta è positiva a condizione che il socio non avvocato abbia una quota di minoranza, mentre i due soci avvocati detengano la maggioranza delle quote pari almeno ai 2/3 del capitale sociale, oltre al detenere questi ultimi i 2/3 almeno dei diritti di voto in assemblea.
La situazione
Due ingegneri svolgono l’attività professionale avendo costituito una Srl. In qualità di professionisti, ritengono che il reddito prodotto dalla società vada inquadrato come reddito da lavoro autonomo. È vero?
La soluzione
La risposta è negativa. Nella risposta 56/2006 delle Entrate viene privilegiata la forma della società, che in quanto Srl produce redditi d’impresa anche quando le prestazioni eseguite potrebbero inquadrarsi come reddito da lavoro autonomo.