Imposte

Cessioni di azienda senza Iva con la continuazione dell’attività

Operazione irrilevante e soggetta in Italia solo a imposta di registro. Norma italiana allineata a quella unionale ma la prassi non è uniforme

di Benedetto Santacroce

La cessione di un’azienda o di un ramo d’azienda ovvero, come definito a livello unionale, di un’universalità di beni è irrilevante ai fini Iva ed è soggetta (in Italia) a imposta di registro, a condizione che il trasferimento determini, con una valutazione ex ante, una mera mutazione soggettiva con potenziale continuità dell’attività.

Questo principio espressamente previsto all’articolo 19 della direttiva Iva è stato più volte esaminato dalla giurisprudenza unionale e nazionale, nonché da numerose interpretazioni dell’agenzia delle Entrate. I risultati di questa attività interpretativa non sono sempre coerenti e sono, in molti casi, condizionati dal caso di specie considerato che può presentare caratteri elusivi o addirittura evasivi.

In particolare, proprio l’articolo 19 della direttiva 2006/112/Ce prevede che «in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente».

La norma nazionale (articolo 2, comma 3, lettera b del Dpr 633/72) che adotta la facoltà richiesta dalla direttiva traduce il principio nel seguente modo: «Non sono considerate cessioni di beni … le cessioni e i conferimenti in società o altri enti … che hanno per oggetto aziende o rami di aziende».

Come è chiaro, rispetto alla scelta unionale il nostro legislatore ha deciso di collegare l’irrilevanza Iva alla cessione di azienda o di un ramo d’azienda vincolandolo a una nozione ben più definita e qualificata. Questa scelta seppur ammessa e conforme al dettato della direttiva porta l’interprete a valorizzare, di volta in volta, diversi profili dell’operazione considerata allineandosi ai principi civilistici che si sono sviluppati in materia.

Quindi, quando l’operatore decide di vendere un insieme di beni che possono essere tra loro collegati deve valutare correttamente se nella specifica situazione si verificano o meno le condizioni identificate dalla norma.

Come si ricorda la specifica irrilevanza Iva è volta a semplificare la realizzazione delle predette operazioni non oberando la tesoreria dell’impresa. In effetti, si vuole evitare che l’impresa cessionaria debba anticipare al cedente l’Iva che poi lei stessa detrae. Proprio in questa logica la norma unionale concede, inoltre, agli Stati membri di escludere dall’irrilevanza Iva quelle cessioni che avvengono nei confronti di cessionari non soggetti passivi d’imposta.

Nel quadro nazionale l’interprete è ulteriormente influenzato dall’impatto che sull’operazione di cessione d’azienda o di ramo d’azienda ha l’imposta di registro che risulta alternativa all’applicazione dell’Iva.

Tutti questi fattori hanno reso la materia piuttosto scivolosa portando a configurare la sua operatività anche nel caso di cessione di singoli brevetti o di gruppi di beni con effetti di recupero piuttosto pesanti. Secondo chi scrive è necessario riallineare l’interpretazione alla ratio della stessa fornendo agli operatori un quadro interpretativo di riferimento più chiaro e uniforme.

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