Cessioni a catena, il trasporto decide la non imponibilità
Il promotore della vendita triangolare deve assumere il rischio del trasferimento
Lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2018/1910/Ue («quick fixes»), approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 29 luglio, prevede, anche nell’ordinamento nazionale, la fissazione del criterio normativo per individuare la cessione intra Ue non imponibile ai fini Iva in un complesso di operazioni a catena. In particolare, il decreto introduce nel Dl 331/93 l’articolo 41-ter e riscrive le regole per disciplinare le operazioni triangolari. Che l’individuazione del corretto trattamento ai fini Iva delle operazioni triangolari non sia cosa semplice di certo è un tema già noto agli operatori ed alle Amministrazioni finanziarie che spesso si trovano a fare i conti con approcci diversi dei vari Stati membri i quali generano talvolta fenomeni di doppia imposizione o nessuna imposizione.
La Corte di giustizia, colmando di fatto una lacuna normativa, ha cercato di far luce sugli aspetti meno chiari di tali operazioni considerando il trasporto quale elemento necessario per individuare, all’interno di una catena di cessioni con trasporto unico da uno Stato membro all’altro, quella che può propriamente definirsi cessione intracomunitaria non imponibile (cfr. sentenza C-340/09, C-587/10, C-386/16). L’orientamento della Corte si è tradotto, infine, nell’espressa previsione normativa dell’articolo 36-bis della direttiva 2006/112/Ce, recepito all’articolo 41-ter del Dl 331/1993 da qui a breve in vigore. In sostanza, la norma stabilisce che nelle cessioni a catena con trasporto dei beni dall’Italia effettuato da un operatore intermedio si considera cessione non imponibile ex articolo 41 Dl 331/1993 solo la cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio; mentre se quest’ultimo comunica al cedente IT la propria partita Iva italiana, la cessione intraUe è effettuata dall’operatore intermedio (comma 2).
In senso speculare nelle cessioni a catena in cui il trasporto termina in Italia, si considera acquisto intraUe ex articolo 38 Dl 331/1993 solo quello nei confronti dell’operatore intermedio; se quest’ultimo, però comunica al cedente Ue la propria partita Iva dello Stato in cui ha inizio il trasporto, l’acquisto intraUe è quello effettuato dall’acquirente dell’operatore intermedio (comma 3).
Al riguardo è bene sottolineare che l’articolo 41-ter si inserisce all’interno di un contesto diretto a chiarire la responsabilità per il pagamento dell’imposta nell’ordinamento interno in presenza di operazioni a catena intraUe ma non altera il regime di semplificazione previsto dall’articolo 40 comma 2 per le triangolari. Sicché, una volta appurato che il promotore nazionale effettua l’acquisto intraUe ex articolo 41-ter, occorre verificare se sussistono le condizioni per cui anche la seconda cessione, quella effettuata dal promotore IT al cliente finale Ue possa considerarsi non imponibile. Al riguardo resta in piedi la semplificazione per cui se lo stesso designa il proprio cliente come destinatario finale dell’assolvimento dell’Iva nello Stato in cui avviene la consegna del bene, non dovrà ivi identificarsi per chiudere dal lato acquisti l’operazione intraUe ma sarà il suo cliente a provvedere al versamento dell’imposta in reverse charge.