Imposte

Cessioni IntraUe, per l'Iva la sostanza vince sulla forma

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di Paolo Centore

L'identificazione ai fini Iva costituisce un elemento formale che non pregiudica il riconoscimento del regime di non imponibilità alle cessioni intracomunitarie, sempre che siano rispettate le condizioni sostanziali che determinano lo spostamento della tassazione dell'operazione dal paese di origine a quello di destinazione del bene.
La sintesi dell'ordinanza della Cassazione 17254/2014, così riassunta, può indurre a ritenere ininfluente l'obbligo di identificazione del partner europeo e, in stretta connessione, l'obbligo di controllo di questa qualifica posto a carico del cedente nazionale che effettua la cessione intracomunitaria. Così non è, considerando che la qualifica del destinatario dell'operazione come soggetto passivo dell'imposta è comunque una condizione necessaria che deve essere verificata.

La valenza della partita Iva
La vicenda trattata dall'ordinanza dei giudici di Cassazione involge il tema, ben delineato in motivazione, relativo alla valenza costitutiva o dichiarativa della «partita Iva». Giustamente si osserva che l'indirizzo interpretativo della Corte di giustizia, espresso e ribadito nei più recenti interventi (si veda la sentenza C-527/11 Ablessio), esprime chiaramente che la condizione sine qua non, ai fini della qualifica dell'operazione nella categoria delle cessioni intracomunitarie, non è tanto il possesso del numero identificativo ma lo status del soggetto destinatario. Si tratta, dunque, di una lettura con taglio sostanziale, che supera la forma, ancorata al fatto di avere (o non avere) il numero di identificazione.

Le regole Ue
Oltre che in linea con i precedenti della giurisprudenza unionale, l'indirizzo espresso nell'ordinanza in commento è coerente con i principi espressi dal regolamento di attuazione della direttiva 2006/112/CE (Regolamento 2011/282/UE) dove, all'articolo 17, si precisa che «se il luogo della prestazione di servizi dipende dalla circostanza che il destinatario sia o meno un soggetto passivo, lo status del destinatario è determinato sulla base degli articoli da 9 a 13 e dell'articolo 43 della direttiva 2006/112/CE». Anche se riferita ai servizi, la norma è utile per comprendere il senso della condizione relativa allo status del destinatario dell'operazione e, quindi, anche per le cessioni di beni intraUe. È evidente che il richiamo agli articoli 9 e seguenti della direttiva impone la verifica dell'effettività della qualifica "economica" dell'operatore, che è tale anche se privo della "certificazione" derivante dal possesso della partita Iva.
Il tema può essere anche rovesciato, nel senso che una lettura contraria a quella appena riassunta porterebbe a situazioni inaccettabili, riconoscendo, cioè, la qualifica economica a soggetti che tali non sono, solo come conseguenza del fatto di avere richiesto e ottenuto il numero di identificazione.

La consultazione
Quest'ultimo aspetto non è sfuggito alla Commissione europea che ha proposto nel febbraio 2013 una consultazione pubblica sull'identificazione dei soggetti Iva (Tax Identification Number – TIN: cfr. documento Taxud (2013) 276134 del 25 febbraio 2013). In particolare, alla domanda 3.2., si pone il problema se la partita Iva debba essere rilasciata in via definitiva, come avviene per il codice fiscale, ovvero se debba essere valida a tempo, e dunque soggetta a verifica periodica della sua validità e, se del caso, a revoca da parte dell'amministrazione fiscale. È evidente che nella seconda ipotesi (validità temporanea) è dimostrata la rilevanza solo formale, e non sostanziale, dell'identificazione ai fini del tributo.
Un'ultima considerazione in margine alle indicazioni provenienti dall'ordinanza in commento riguarda il quadro complessivo nel quale la vicenda giudiziaria si pone. Anche in assenza di specifici riferimenti, si intende con sufficiente chiarezza che la contestazione mossa dall'agenzia delle Entrate ha come unico fondamento la mancanza di identificazione della controparte, mentre tutte le altre condizioni sostanziali, prima fra tutte quella relativa al trasferimento fisico del bene all'estero, sono soddisfatte. Anche per questo aspetto il risultato giurisprudenziale ha senso nella misura in cui privilegia il fatto (cioè, l'esistenza concreta dell'operazione, il trasferimento del bene a destinazione dell'acquirente, in altro Stato membro dell'Unione e lo status di soggetto passivo,) che non può certo essere travolto dall'aspetto, a questo punto marginale, del possesso del numero Iva.

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