Cfc, la continuità dei valori complica il credito estero
Circolare Assonime: con il trasferimento in Italia a rischio il recupero dell’exit tax oltreconfine
A rischio il recupero delle eventuali imposte in uscita pagate nello Stato delle Cfc. È l’osservazione della circolare 24/2021 di Assonime su entry ed exit tax dopo la direttiva Atad.
Assonime approfondisce la bozza di circolare dell’Agenzia sul regime delle società estere controllate (in consultazione fino a domani 6 agosto) nella parte in cui si occupa delle operazioni straordinarie non realizzative che coinvolgono entità estere per le quali è in corso l’applicazione del regime Cfc all’articolo 167 del Tuir. Poiché le attività e passività dell’entità estere hanno già un proprio riconoscimento fiscale nel nostro ordinamento nell’ambito della disciplina Cfc, secondo l’Agenzia, il trasferimento di tali attività e passività a seguito dell’operazione straordinaria dovrebbe avvenire in continuità dei valori riconosciuti nell’ambito di tale disciplina, senza quindi applicazione dell’exit tax (sempreché l’operazione non comporti la perdita della potestà impositiva del nostro Paese) e senza il riconoscimento dei maggiori valori in entrata. Assonime osserva che questa interpretazione potrebbe comportare l’impossibilità di recuperate eventuali imposte in uscita pagate nello Stato della Cfc.
A tal proposito si osserva che, per contro, stabilendo che al momento del trasferimento in Italia il costo fiscale delle attività o passività deve essere determinato in base al valore normale, si rischierebbe di negare il reversal di eventuali svalutazioni non ammesse in deduzione in passato nell’ambito della disciplina Cfc. A questo punto ci si chiede se, per risolvere la questione sollevata dall’Assonime, non sia possibile consentire in via interpretativa di detrarre l’exit tax pagata all’estero dalle imposte italiane dovute al momento del realizzo delle plusvalenze (o dell’iscrizione di ammortamenti non deducibili) dopo il trasferimento in Italia.
La circolare 24/2021 affronta anche l’exit tax in caso di uscita dall’Italia. La disciplina all’articolo 166 del Tuir non si applica solo alle operazioni che comportino il trasferimento di complessi aziendali ma anche di singole attività verso la casa madre estera o stabili organizzazioni in branch exemption di società residenti. Si applica anche nei casi in cui il trasferimento della residenza fiscale avvenga per effetto dell’applicazione della tie breaker rule prevista dalle convenzioni internazionali (ad esempio nei casi in cui pur restando la sede legale in Italia sia trasferita all’estero la sede amministrativa). È confermato che, nonostante il nuovo articolo 166 non ne faccia più cenno, i reversal di eventuali variazioni fiscali temporanee pregresse (ad esempio, ammortamenti non deducibili) vanno integralmente conteggiati nel calcolo della plusvalenza da exit tax. Devono assumere rilevanza non solo le plusvalenze in uscita, ma anche le minusvalenze che sono deducibili dal reddito ordinario dell’esercizio e per l’eccedenza dal reddito dell’eventuale stabile organizzazione mantenuta in Italia.
Viene osservato che nella dettagliata disciplina del riporto delle perdite non è previsto il caso dei conferimenti e dei trasferimenti di attivi. Assonime, comunque, ritiene che le perdite pregresse siano compensabili con le plusvalenze da exit tax senza i limiti previsti dall’articolo 84, comma 1, del Tuir (80% del reddito imponibile).