Cfc, detrazione estesa a tutti i Paesi
In caso di applicazionedel regime Cfc, sono accreditabili in Italia non solo le imposte pagate dalla controllata estera nel proprio Stato di residenza ma anche quelle assolte in altriPaesi.
Il chiarimento arriva con la risoluzione 112/E dell’agenzia delle Entrate pubblicata ieri, in risposta ad un'istanza di interpello presentato da una società italiana che aveva tassato per trasparenza, in applicazione della disciplina Cfc, il reddito di una propria controllata residente ad Hong Kong.
La norma
L'articolo 167 del Tuir stabilisce che, in caso di tassazione per trasparenza dei redditi conseguiti dalle controllate domiciliate in Paesi a fiscalità privilegiata, sono ammesse in detrazione «le imposte pagate all'estero a titolo definitivo». La detrazione opera - dopo aver determinato il reddito imponibile secondo le regole fiscali italiane – secondo il meccanismo del credito per imposte pagate all'estero (foreign tax credit), ai sensi dell'articolo 165 del Tuir.
La tesi della società interpellante
La società istante riteneva che - tra le imposte assolte all'estero dalla propria Cfc - rientrassero non solo le imposte pagate ad Hong Kong ma anche le ritenute alla fonte subite dalla stessa su pagamenti ricevuti da soggetti residenti in altri Stati (Taiwan, Hong Kong e Filippine). I pagamenti ricevuti erano a fronte dei servizi di consulenza prestati dalla Cfc e le ritenute alla fonte subite non erano scomputabili dalle imposte dovute a Hong Kong.
La direzione regionale dell’Agenzia, nel trasmettere il quesito alla direzione centrale, aveva ipotizzato che nel caso di specie le imposte scomputabili fossero soltanto quelle pagate dalla Cfc nel proprio Stato di localizzazione. Ciò in analogia a quanto chiarito dalla circolare del 5 marzo 2015, n. 9/E, in relazione alla disciplina del foreign tax credit, che ha riconosciuto il credito per le imposte estere pagate dalle stabili organizzazioni di imprese italiane in Paesi diversi da quello di localizzazione, subordinatamente alla sussistenza di condizioni di reciprocità.
Il chiarimento
La direzione centrale ha preliminarmente chiarito come, nell'ambito della disciplina Cfc, non assume alcuna rilevanza la definizione di “reddito prodotto all'estero” prevista ai fini della disciplina del foreign tax credit. Ai fini Cfc, infatti, il reddito estero coincide necessariamente con tutti i redditi conseguiti dal soggetto estero ed imputati per trasparenza al socio residente. Pertanto, non trovano applicazione né il criterio della lettura “a specchio” dell'articolo 23 del Tuir (che garantisce il credito d'imposta solo per le tipologie di redditi che un non residente sarebbe tenuto a tassare in Italia), né il criterio di collegamento stabilito nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni: criteri che, al contrario, guidano la spettanza del diritto al credito per imposte estere.
Fatta questa premessa, l'Agenzia ha evidenziato che l'articolo 167 del Tuir, così come il decreto attuativo (Dm 21 novembre 2001, n. 429 ), operano un generico riferimento alle «imposte pagate all'estero a titolo definitivo» senza alcuna limitazione territoriale che circoscriva il credito alle sole imposte pagate nello Stato di residenza della società controllata, mentre l'articolo 165 del Tuir, richiede, ai fini della detrazione, che le imposte siano “ivi pagate”. Pertanto, considerate le differenze tra i due istituti, le imposte estere accreditabili in Italia, in caso di imputazione per trasparenza dei redditi ai sensi dell'articolo 167 del Tuir, consistono non solo nelle imposte pagate dalla Cfc nel proprio Stato di residenza ma anche in quelle assolte in altri Paesi esteri, nella misura in cui le stesse siano rimaste effettivamente a carico della controllata estera.
Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 112/2017