«Cfc» e regimi speciali, priorità alle regole Ue sugli aiuti di Stato
L’approccio “caso per caso” da utilizzare ai fini dell’individuazione dei regimi speciali rilevanti per l’applicazione della disciplina Cfc “black list” si presenta piuttosto oneroso per le imprese.
Il caso delle Cfc
Dal 2016, infatti, la disciplina trova applicazione quando: il livello nominale dell’aliquota di tassazione dello Stato estero è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia; pur essendo lo Stato estero a fiscalità ordinaria, la controllata fruisce di regimi speciali che “derogano” all’ordinamento del Paese di riferimento. In altre parole, una volta verificato che l’aliquota nominale estera non è inferiore della metà rispetto all’aliquota nominale domestica, è comunque necessario appurare se la controllata gode di un regime speciale e, se così è, se si è verificato un prelievo nominale estero inferiore alla metà di quello nominale italiano.
In pratica, è a carico del contribuente verificare se l’entità estera beneficia, non in via temporanea, di riduzioni di aliquota, esenzioni, crediti d’imposta o riduzioni della base imponibile a motivo del settore di appartenenza, della localizzazione geografica, dell’essere una start up o di configurare una piccola, media o grande impresa; e se tali benefici siano idonei a ridurre il prelievo nominale ordinariamente applicabile nel Paese e ciò si traduca in un’imposizione ad aliquota inferiore alla metà di quella italiana.
In sintesi, deve trattarsi di regimi “selettivi” in quanto idonei a favorire determinate imprese o categorie di imprese o determinati settori, oppure le imprese di determinate zone territoriali.
A questo riguardo, la circolare Assonime 17/2017 richiama i criteri enunciati nella Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuti di stato in quanto i concetti in essa espressi possono tornare utili anche ai fini dei regimi speciali Cfc. È precisato che un regime può essere selettivo anche quando la selettività è “di fatto” poiché, pur essendo le norme generali e oggettive, favoriscono alcune imprese anziché altre. Resta comunque da chiarire quando un regime è strutturale e cioè non temporaneo.
L’Ace
La circolare Assonime tratta anche il tema dell’Ace, con particolare riguardo alla norma che sterilizza la variazione in aumento del capitale proprio rilevante fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.
Al riguardo, attesa l’analoga formulazione normativa prevista ai tempi della Dit, dovrebbero ritenersi tuttora validi i chiarimenti forniti all’epoca dall’amministrazione finanziaria.
In particolare, per «titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni» dovrebbero intendersi i titoli di debito, i certificati di massa, le quote di partecipazione a organismi di investimento collettivo. In questo senso si è espressa la circolare 76/1998.
L’associazione osserva che, in tale ottica, non rientrerebbero nell’insieme dei valori mobiliari i conti correnti, i depositi bancari e i pronti contro termine mentre qualche dubbio permane per gli investimenti in polizze assicurative.
Per quanto riguarda la concreta individuazione degli incrementi di valori mobiliari e titoli, la circolare dell’agenzia delle Entrate 61/E/2001 ha affermato che è necessario esaminare i flussi finanziari impiegati nell’acquisto dei titoli e altri valori mobiliari, senza tenere conto degli incrementi o decrementi di natura valutativa. L’Assonime ricorda anche una seconda tesi che è quella, di più semplice gestione, che fa riferimento al mero dato di bilancio, in considerazione del fatto che anche le componenti valutative sono comunque destinate a essere assorbite in sede di realizzo del titolo.