Chi ha pagato dopo un accertamento bancario incostituzionale ha 48 mesi per tentare la via del rimborso
Nell'attesa di conoscere gli indirizzi operativi dell'agenzia delle Entrate in merito alla declaratoria di illegittimità costituzionale della normativa che poneva a base degli accertamenti bancari i prelevamenti dei professionisti, occorrerebbe riflettere anche sulle conseguenze che la pronuncia potrebbe esplicare sulle situazioni per le quali la pretesa si è già consolidata.
Ci si riferisce, in particolar modo, alle definizioni intervenute, prima della sentenza della Corte Costituzionale 228/14, in sede di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, mediazione, oppure al consolidamento della posizione a seguito di acquiescenza all'accertamento o all'eventuale sentenza.
Visto che la dichiarazione di illegittimità invalida fin dall'origine la norma censurata, il problema da risolvere è se il contribuente, perfezionata la definizione e quindi il rapporto, possa richiedere la ripetizione di quanto indebitamente pagato a titolo di maggiori imposte, ovvero di sanzioni per l'omessa autofatturazione, sulla parte riferita ai prelevamenti contestati.
In linea generale, il venir meno con efficacia ex tunc, della disposizione censurata determina che il versamento risulta effettuato in assenza del presupposto; ciò implica che la prestazione è, ab origine, indebita.
Tuttavia, la presenza dello speciale regime di decadenza per l'indebito tributario previsto dalle singole leggi d'imposta o dalle norme sul contenzioso tributario fa sì che l'unico strumento giuridico a disposizione del contribuente è la domanda di rimborso.
In questo caso, comunque, sorge il delicato problema della decorrenza del termine entro il quale il contribuente, a pena di decadenza, può agire per tutelare le proprie pretese.
In pratica, il dies a quo, su cui calcolare i 48 mesi oppure i due anni in base alle norme sul contenzioso, decorrono, come confermato anche della recente sentenza della Cassazione 13676/14, dalla data del pagamento.
Ad ogni modo bisogna anche considerare, nonostante l'efficacia retroattiva della sentenza dichiarativa dell'illegittimità costituzionale della norma sui prelevamenti ai professionisti, che l' adesione agli istituti deflattivi del contenzioso o all'acquiescenza potrebbero inibire la richiesta di rimborso verificandosi, in questo caso, il limite che la giurisprudenza pone alle situazioni giuridiche ormai consolidate.
Tuttavia, la recente sentenza della Cassazione 42858/14, seppur resa nell'ambito penale, ha evidenziato come la norma illegittima, esplicando effetti retroattivi, inficia anche la legittimità degli atti giuridici posti in essere; tali principi valgono per tutti gli ambiti dell'ordinamento.
Stando così le cose, è auspicabile un intervento legislativo finalizzato a trovare quell'equilibrio che permetta ai contribuenti di vedersi riconosciuto, anche nelle posizioni definite e senza percorrere la via del contenzioso, la ripetizione dell'indebito tributario.