Chiasso, criptovalle vista Milano
Là dove c’erano banche, hotel, uffici ricolmi di denaro contante in fuga dall’Italia – i tempi d’oro pre-Tangentopoli, pre-Schengen, pre Scudi fiscali, pre-crisi subprime – sta sorgendo una criptovalle con vista sulla Lombardia, una nemesi storica solo apparente.
Un tempo la Svizzera – o meglio il Ticino che parla la stessa lingua ufficiale e addirittura lo stesso dialetto di Milano e dintorni – raccoglieva senza sforzi i “peccati” della vicina penisola e volava sulle ali del segreto bancario. Oggi invece semina.
«In un raggio di 50 km da qui – dice Bruno Arrigoni, sindaco della casa municipale che dista 350 metri dal confine di Como città e amministra 8.500 anime – c’è un mercato potenziale di sei milioni di consumatori quasi totalmente a digiuno di blockchain o, se le piace di più, di bitcoin».
Eccola, la parola chiave, bitcoin. Chiasso è stata la seconda città confederata, dopo Zug, a introdurre la possibilità, da quest’anno, di pagare una parte (piccolissima) di imposte comunali in criptovaluta. «Come mi è venuto in mente? – dice Arrigoni, sindaco part-time al 70% in “comproprietà”, guarda caso, con banca Ubs dove cura gli institutional client –. Si guardi in giro. La città è a un bivio, finita l’epoca d’oro del segreto bancario ho pensato “o ci reinventiamo o siamo in fondo al tunnel, ma per davvero”», persi nell’ultimo lembo a Sud del Paese, incuneati dentro la Lombardia senza appartenerle e forse senza mai essere nemmeno appartenuti, in 500 anni, alla Svizzera vera, quella dei laghi e degli orologi.
«E allora vai con il progetto della stazione ferroviaria unica internazionale – continua Arrigoni – riprendendo magari un giorno il discorso interrotto con Como, vai con la scuola di moda che scenderà qui da Lugano, a 35 km dalla capitale del fashion Milano, ma mi sono reso conto che questo non basterà per avere un futuro per tutti». E quindi? «Allora un giorno la scorsa estate ho pensato di lanciare un comunicato stampa “a Chiasso si pagano le imposte con bitcoin”. Sì, lo ammetto, è stata una bella trovata pubblicitaria». Perché in realtà il tributo in criptovaluta è un’esca, accettata fino a 250 franchi di importo e per le sole imposte comunali, ma ha funzionato magnificamente. «Un attimo dopo quel comunicato, tutti a parlare di noi, come avessimo fatto chissà cosa (a oggi in realtà un solo cittadino ha deciso di rateizzare l’imposta in bitcoin, ndr). Se avessi voluto impostare una campagna pubblicitaria su Chiasso mi sarebbe costata una montagna di franchi e senza nessuna garanzia di risultato, così invece ...l’è nada ben (è andata bene, ndr)». Appunto, cosa è successo? «Quello che ci aspettavamo, anzi di più. Ad agosto mi arrivano in ufficio sei aziende, dieci persone a parlarmi di progetti e startup in tecnologia blockchain. Nazionalità? Tutti italiani, la maggior parte ingegneri, non solo lombardi, anche emiliani, veneti, piemontesi, tutti con progetti di Ico (Initial coin offering, ndr) per lanciarsi sul mercato».
Il tam tam poi arriva ai giorni attuali, con 23 crowdfunding già approvati e “compliant” con le indicazioni della Finma, l’autorità di vigilanza federale sulle attività finanziarie. Gemmazione spontanea? Non proprio, o meglio non solo. Nei vicoli di confine opera dallo scorso ottobre l’associazione Cryptopolis - l’avatar locale della Criptovalley di Zug, l’originale - che attorno ai cinque membri del comitato operativo oggi ha già 218 associati. «Cosa facciamo? Diffondiamo la cultura della blockchain - dicono la presidente Romana Gallo, avvocata comasca, e il vice Athos Cereghetti, ex impiegato della Ubs ed ex collega del sindaco Arrigoni - Come? Organizziamo eventi qui, molto informali, nei bar e nei pub: sta nascendo una generazione davvero nuova di imprenditori giovanissimi, capace di muovere il mercato del crowdfunding con idee semplici quanto meravigliose». Esempi? La app che permetterà di noleggiare un avatar “umano” in qualsiasi parte del mondo (si paga in token, ovviamente) e quella che riscriverà (si dicono sicuri, qui) la storia dei giochi wi-fi, «e poi molto altro, tra qualche mese sentirete molto parlare di Cryptopolis e di Chiasso». Come si fa un’Ico? «Semplice – spiega l’avvocata Gallo – serve un business plan di tre anni, sulla base del quale la Finma autorizza il crowdfunding, quindi la società si costituisce dal notaio proprio come una Sa (società anonima, ndr), poi il capitale sociale lo si versa su un conto corrente tradizionale con un wallet di riferimento e infine si fa la conversione in Ethereum», la criprovaluta più amata dagli svizzeri (anche perché funzionale agli smart contract, i contratti intelligenti).
Chiasso come e dopo Zug? I primi ad accorgersi delle potenzialità di business del balcone svizzero sulla metropoli lombardo/milanese, in chiave blockchain appunto, sono stati proprio i pionieri delle criptovalute: non è un caso se Appway for financial services, nata a Zurigo e presente oggi a Londra, New York, Toronto, Hong Kong e Singapore, ha mosso il quartier generale proprio a Chiasso, dentro i capannoni della stazione ferroviaria.
Già, Zug. Tutto, va riconosciuto, era nato qui nel 2013, come spiega al Sole 24 Ore Dolfi Muller, 62 anni, da undici sindaco di un incantevole borgo a lago da 30mila abitanti, con un passato da insegnante di economia. «Sono arrivati qui cinque anni fa come sbarcati da un Ufo – racconta Muller – attirati da questa piazza già da tempo globalizzata (grazie anche alla generosa politica fiscale, ndr), andammo a conoscerli e a farci spiegare cosa fosse questa nuova tech blockchain». Da lì è partita una «big wave», spiega con orgoglio il sindaco, che da parte sua ebbe immediatamente quella intuizione di marketing molto ben copiata dal suo collega di Chiasso: «Pagare le tasse in bitcoin? Ma no - sorride il borgomastro - si possono pagare solo le imposte di immigrazione, e solo per 200 franchi, il punto non era questo, era lanciare un messaggio alla nascente comunità della fintech, e capire come potevamo anche noi fare esperienza. Ammetto però che l’effetto annuncio ha funzionato benissimo». L’impatto non è stato tanto sui numeri tradizionali - 100 startup, 200 nuovi posti di lavoro da 20 diverse nazioni, ma di altissimo profilo e rendimento- «quanto sull’ecosistema locale, che continua a funzionare e ad attrarre capitale umano e ...di criptovalute».
Tutto molto svizzero. Pragmatismo, curiosità, semplicità nell’affrontare il nuovo che avanza, consapevoli che il mercato ha bisogno di regole. Poche, certe, tempestive, ma regole. Chiare e condivise.