Clausola di «buon fine»: il costo si scarica subito
Se il diritto dell’agente alla provvigione è sottoposto ad una condizione sospensiva gli accantonamenti effettuati in bilancio dall’impresa mandante non sono deducibili. In presenza, invece, di una condizione risolutiva la provvigione è deducibile se la probabilità che si verifichi questa condizione non è elevata. Qualora il compenso all’agente dipenda dal cosiddetto buon fine dell’operazione, lo stesso si ritiene debba essere dedotto, in base al principio di correlazione, nel periodo d’imposta in cui concorrono a formare il reddito i ricavi derivanti dall’operazione conclusa.
La condizione sospensiva
Se ricorre una condizione sospensiva (come nel caso in cui la provvigione competa solo al raggiungimento di un determinato valore delle vendite promosse dall’intermediario) gli effetti giuridici del contratto tra il mandante e l’agente non si verificano subito, ma solo con l’avverarsi di tale condizione.
Il Cndec (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti) ha ricordato, nel documento del 24 aprile 2018, che in base all’Oic 19 i debiti soggetti a condizione sospensiva devono essere rilevati in bilancio con l’avverarsi della condizione e, fino a quando questa non si sia realizzata, i relativi oneri danno luogo alla iscrizione di un fondo rischi, se ricorrono le condizioni per la rilevazione dello stesso, previste dall’Oic 31. Quest’ultimo principio statuisce che sono iscritte nei fondi rischi le passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato di incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro. Il relativo accantonamento non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi, in quanto diverso da quelli di cui l’articolo 107 del Tuir stabilisce, in modo tassativo, la deducibilità.
La Cassazione ha affermato, nella sentenza 12274/2015, che, in caso di contratto di vendita di cose future procacciato dal mediatore, le provvigioni passive devono essere dedotte nel periodo d’imposta in cui viene concluso il contratto. La tesi risulta in contrasto con il principio di correlazione, poiché nel caso in esame il momento traslativo della proprietà è quello in cui l’oggetto venduto viene ad esistenza ed è, quindi, in tale momento che il preponente imputa i ricavi derivanti dal contratto.
La Corte ha, inoltre, precisato che la deduzione può avvenire in un periodo successivo in presenza di specifiche pattuizioni contrattuali o di incertezza sul quantum delle provvigioni, perché, ad esempio, lo stesso è strettamente correlato o parametrato al prezzo finale di vendita del prodotto.
La condizione risolutiva
In presenza, invece di una condizione risolutiva, gli effetti giuridici si realizzano immediatamente - e si genera contabilmente l’insorgere di un debito -, anche se possono venire successivamente meno ex tunc a seguito dell’avverarsi della stessa condizione.
In questo caso, in base al postulato della rappresentazione sostanziale statuito dall’Oic 11, occorre verificare il grado di probabilità di tale avveramento e, tranne che nell’ipotesi in cui tale probabilità sia molto elevata, il preponente deve iscrivere la provvigione nel conto economico e il relativo debito (e non un fondo) nello stato patrimoniale.
Di conseguenza, per effetto del principio di derivazione rafforzata stabilito dall’articolo 83 del Tuir, il costo della provvigione è deducibile, ai fini delle imposte sui redditi, nel periodo d’imposta in cui è imputato al conto economico.
Il buon fine dell’operazione
L’articolo 1748, quarto comma, del Codice civile riconosce alle parti la possibilità di posticipare la spettanza delle provvigioni al momento dell’esecuzione della prestazione da parte del cliente, cioè al “buon fine” dell’operazione. In questo caso sembrerebbe apparentemente sussistere una situazione riconducibile al primo caso (condizione sospensiva).
Si ritiene, tuttavia, che anche in questa circostanza debba prevalere il principio della correlazione. Infatti, poiché l’impresa preponente imputa i ricavi nell’esercizio in cui viene eseguita la consegna dei beni al cliente - che di solito precede l’esecuzione della prestazione - la stessa deve, di conseguenza, rilevare a conto economico anche l’onere della provvigione all’agente. La spettanza della provvigione ha, infatti, come rilevato dall’Assonime nella circolare 10/2006, lo stesso grado di certezza che caratterizza il conseguimento dei ricavi imponibili per competenza.