Come dimostrare l’export senza documenti doganali
Per le esportazioni di merce, in mancanza della pertinente documentazione doganale (ora rappresentata, in linea generale, dal messaggio di uscita nel sistema telematico delle dogane), la prova del trasferimento dei beni fuori del territorio Ue e, quindi, del regime di non imponibilità delle relative cessioni, può essere fornita con ogni mezzo, purché si tratti di prova certa e incontrovertibile, com'è l'attestazione della pubblica amministrazione del paese di destinazione che certifichi l'avvenuta presentazione delle merci alla dogana (d'importazione), esattamente come prevede l'articolo 346 Dpr 43/73 (testo unico leggi doganali).
Il principio è consolidato nella giurisprudenza della Cassazione (fra le altre, sentenze n. 20487 e 19750 del 2013, n. 14294/2016 e n. 2476/2017). Quando, in sede di controllo, l'operatore è sprovvisto dei documenti rilevanti (prima dell'entrata in vigore del sistema telematico ECS, si trattava della terza copia del documento doganale DAU munita del visto uscire) e non riesce a produrre documentazione ufficiale del paese d'importazione, il rilievo è dunque pressoché certo. E ciò, nonostante che la disciplina doganale interna non sia l'unico riferimento normativo. Nell'ambito delle procedure applicabili in caso di mancata ricezione della notifica d'esportazione, l'articolo 796 quinquies bis del regolamento CEE 2454/93 prevedeva infatti la possibilità di fornire la prova dell'esportazione con un elemento o una combinazione di elementi indicati dalla norma, fra cui: copia della bolla di consegna firmata/autenticata dal destinatario, prova del pagamento o fattura/bolla firmata o autenticata dall'operatore che ha trasferito la merce all'estero, eccetera. In modo sostanzialmente analogo, si esprime l'articolo 335 del regolamento 2015/2447 contenente le disposizioni applicative del nuovo codice doganale UE.
Inoltre, anche l'amministrazione finanziaria (circolare 75/D/2002), in relazione al regime precedente il sistema doganale telematico, aveva ammesso che, in mancanza del documento doganale vistato e previa presentazione della documentazione obbligatoria (fra cui: fattura, bonifico, attestazione di merce a destino), fossero utilizzabili documenti “ad adiuvandum”, quali il CMR con attestazione del vettore di avvenuta consegna e altra documentazione commerciale/fiscale (lettera di credito, certificati assicurativi, certificazioni sanitarie o di controllo e altro ancora, come potrebbe essere, per esempio, il tracciamento della spedizione in uso presso i corrieri internazionali). Inoltre, non può non avere valenza probatoria il dato di uscita fornito da altri uffici doganali comunitari, quando l'operazione, come talora accade, è interamente eseguita in altro Stato UE (in tal senso, pare potersi leggere quanto indicato nella nota delle dogane n. 3028 del 21 luglio 2008).
Nel caso in cui l'operatore disponga di documentazione coerente (e possibilmente “abbondante”), la posizione della giurisprudenza di legittimità, volta ad attribuire esclusivo rilievo alla documentazione ufficiale delle autorità estere, risulta eccessivamente rigida e formalistica e andrebbe dunque rivista alla luce delle indicazioni della prassi e delle disposizioni doganali comunitarie.