Compensi distinti per dribblare l’Irap
La possibilità di distinguere i compensi derivanti dall’attività di dottore commercialista rispetto a quelli relativi allo svolgimento dell’attività di sindaco, amministratore o revisore di società assume un ruolo decisivo al fine di evitare l’assoggettamento all’Irap di questi ultimi compensi. La Corte di cassazione ha recentemente ribadito tale principio (ordinanza 3790/2018, si veda il Sole 24 Ore del 16 febbraio scorso), che si ritiene estendibile anche ad altre attività.
Gli amministratori e i sindaci
La Suprema corte ha costantemente sostenuto che se l’attività di amministratore è svolta senza utilizzare un’autonoma struttura organizzativa, ma avvalendosi di quella della società, va assoggettato all’Irap soltanto il valore della produzione derivante dall’attività professionale autonomamente organizzata.
In tali casi i contribuenti devono essere in grado di distinguere con certezza i compensi derivanti da ciascuna attività. La Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che il professionista può dimostrare che gli incarichi sono svolti senza avvalersi della struttura “organizzata” mediante la quale svolge la propria attività professionale, ma soltanto a condizione che sia possibile separare i relativi compensi da quelli totali (ordinanze 3790/2018, 28988/2017, 21161/2017, 5357/2017, 23104/2016, 22138/2016 e 15803/2011).
Tale principio è stato, peraltro, sancito anche in presenza di contribuenti che svolgono la propria attività nell’ambito di associazioni professionali (ordinanze 19327, 19328 e 20975 del 2016), la cui attività è stata ritenuta dalle Sezioni unite della Cassazione (sentenze 7292/2016 e 7371/2016) costituire in ogni caso presupposto dell’imposta, trattandosi di soggetti «strutturalmente organizzati». Nell’ordinanza 30395/2017 è stata, inoltre, ritenuta irrilevante la circostanza che la sede legale della società sia collocata presso lo studio del professionista.
L’agenzia delle Entrate è, invece, ancora ferma sulla posizione espressa nella risoluzione 78/E del 2009, in cui era stato affermato che i compensi in esame sono in ogni caso imponibili se percepiti da un dottore commercialista che esercita la professione avvalendosi di un’autonoma organizzazione, perché gli stessi concorrono a formare il suo reddito di lavoro autonomo.
L’orientamento giurisprudenziale si ritiene più fondato perché il principio di attrazione nella sfera del lavoro autonomo dei rapporti di collaborazione connessi all’attività professionale è stabilito ai soli fini dell’Irpef, che ha un presupposto impositivo differente da quello dell’Irap (come affermato nelle sentenze a Sezioni unite da 12108 a 12111/2009).
Gli artisti
Un requisito fondamentale per l’applicazione dell’Irap è, quindi, quello in base al quale il contribuente deve essere il responsabile, sotto qualsiasi forma, dell’organizzazione. Il tributo non è, invece, dovuto in caso di inserimento in strutture organizzative riferibili alla responsabilità di altri.
Tale principio è stato applicato, nell’ordinanza 29863/2017, al caso di un artista che si era avvalso, per lo svolgimento dell’attività, di una truccatrice occasionale e di due autori di testi e aveva corrisposto compensi ad avvocati, a un notaio, a un consulente del lavoro e a uno studio di consulenza legale e tributaria. La Corte ha escluso l’assoggettamento del contribuente al tributo regionale perché ha ritenuto la struttura organizzativa di supporto all’attività svolta riferibile «ad altrui responsabilità ed interesse».
Nella recente ordinanza 1690/2018 la Corte è pervenuta alla medesima conclusione con riguardo al caso di una conduttrice che per lo svolgimento di tale attività non si era avvalsa della propria organizzazione bensì delle strutture messe a disposizione da una emittente televisiva. Si ritiene che anche in tali casi l’esclusione dall’Irap sia possibile soltanto a condizione che risultino “scorporabili” i compensi relativi a ciascuna delle attività esercitate.