Con il limite dei 65mila euro la start up può rientrare al 5%
Anche chi nel 2019 – in virtù dei nuovi, più generosi, requisiti di accesso – ha fatto rientro nel regime forfettario dopo esserne uscito in precedenti periodi d’imposta, può aspirare ad applicare l’imposta sostitutiva ridotta del 5% prevista per le cosiddette attività start up. È questa la conclusione a cui si giunge dall’esame del comma 65 dell’articolo 1 della legge 190/14.
Come ricordato su «Il Sole 24 Ore» di lunedì 28 gennaio, per applicare l’imposta sostitutiva del 5% in luogo di quella ordinaria del 15% il contribuente deve rispettare (congiuntamente) tre requisiti:
1) non deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività ora in regime forfettario (da calcolarsi con riferimento al calendario e non ai periodi d’imposta), attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
2) l’attività ora svolta non deve costituire, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente esercitata sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, esclusa la pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
3) in caso di prosecuzione di attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio (a cui l’Agenzia aggiunge anche, in via interpretativa, il periodo in corso), non deve essere superiore al limite di 65mila euro (vale a dire a quelli “soglia” per applicare il forfait).
Un quesito largamente diffuso è il seguente: il soggetto che ha iniziato, poniamo, nel 2016 l’attività come forfettario e ne è uscito l’anno successivo (ad esempio per aver superato il limite annuo di ricavi/compensi) e ora vuole farvi rientro in presenza di tutti i requisiti (compreso un ammontare di ricavi/compensi 2018 non superiore a 65mila euro) può tornare ad applicare l’aliquota ridotta del 5% per il biennio 2019-2020 a completamento del quinquennio iniziato nel 2016?
La risposta, riteniamo, è positiva perché se, quando è iniziata, si trattava di una “nuova attività”, per i primi cinque anni il regime prevede una imposta al 5% e per questo beneficio non è richiesto che il contribuente permanga continuativamente nel regime per tutti i cinque anni.
Stesso discorso per il soggetto che ha iniziato l’attività, poniamo, nel 2017 e non ha mai fatto ingresso nel regime forfettario per mancanza dei requisiti (o per opzione) e ora, dal 2019, vuole sposare questo regime.
Se, nel 2017, l’attività posta in essere rispettava tutti e tre i “paletti” elencati sopra per qualificarsi come “start up”, il contribuente, a nostro avviso, può “spendere” ancora tre anni di aliquota ridotta al 5% (in tal senso il paragrafo 3.1.1. della circolare 10/E/2016 per chi proviene dal regime ordinario).
Con la recente risposta ad interpello 72/2018 l’Agenzia ha consentito l’applicazione della percentuale ridotta (per un ulteriore anno) a un “minimo” (articolo 27 del decreto legge 98/11) che ha iniziato l’attività nel 2014 e dal 2018 ha scelto di transitare al forfait.
Tuttavia, per i minimi va fatto un discorso a parte perché per loro l’aliquota impositiva è “naturalmente” del 5%, per cui non sempre il passaggio al forfettario può essere conveniente.
Se il contribuente che ha aperto la partita Iva nel 2014 aveva allora 26 anni, egli (mantenendo i requisiti) può restare “minimo” con imposta al 5% sino al 2023, mentre transitando al forfettario già dal 2019 applicherebbe il 15%. Una variabile in più da considerare.