Imposte

Confini da chiarire per i proventi su beni a scarso valore extra

Il Fisco dovrebbe chiarire che la rilevanza ai fini dei «passive income» è limitata alle transazioni infragruppo

ADOBESTOCK

di Davide Cagnoni e Angelo D'Ugo

Una delle due condizioni previste dall’articolo 167, comma 4 del Tuir per essere assoggettati al regime Cfc è rappresentata dal fatto che oltre 1/3 dei proventi della società controllata estera rientrino tra i cosiddetti passive income, ovvero in una serie categorie di reddito.

Tra queste, due impongono in particolare qualche riflessione, in attesa di chiarimenti da parte dell’amministrazione:

1. i proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

2. i proventi derivanti da prestazioni di servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

Per entrambe le categorie è lecito domandarsi se i relativi proventi vadano ricondotti unicamente ad operazioni infragruppo. In sostanza andrebbe chiarito se questa categoria di redditi sia riferibile:

per le compravendite di beni, solo alle società controllate estere di trading che ottengono ricavi dalla vendita a società del gruppo di beni acquistati all'interno del gruppo medesimo;

per le prestazioni di servizi, solo alle società controllate estere di intermediazione di servizi fra società appartenenti allo stesso gruppo.

La risposta dovrebbe essere affermativa per entrambe le fattispecie in quanto l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a) della direttiva Atad fa riferimento ai redditi da società di “fatturazione” che percepiscono redditi da vendite e servizi derivanti da beni e servizi acquistati da e venduti a imprese associate e aggiungono un valore economico scarso o nullo.

Vanno poi individuati i beni ed i servizi con valore economico aggiunto scarso a nullo. A tal riguardo, occorre rifarsi al decreto del Mef 14 maggio 2018 emanato ai sensi dell'articolo 110, comma 7 del Tuir. In sostanza è necessario seguire le direttive dettate in materia di transfer pricing per l’individuazione dei servizi a basso valore aggiunto. In base al Dm (articolo 7, comma 2) sono considerati a basso valore aggiunto i servizi che congiuntamente:

hanno natura di supporto;

non sono parte delle attività principali del gruppo multinazionale;

non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e non contribuiscono alla creazione degli stessi;

non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio significativo da parte del prestatore del servizio, né generano in capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.

Infine, va segnalato che i gruppi possono essere supportati nell’individuazione dei servizi a basso valore aggiunto dalle linee guida Ocse che ai paragrafi 7.47 e 7.49 hanno introdotto una «negative list» e «positive list». In questo modo i gruppi sono facilitati potendo usufruire di un elenco dettagliato di ciò che può essere o non essere considerato a basso valore aggiunto.

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