Confisca ridotta d’ufficio per le rate pagate dopo l’accordo con il Fisco
Il giudice, anche se l’evasore non lo richiede espressamente, deve ridurre d’ufficio la confisca in base alle rate pagate dopo l’accordo con il Fisco. La Corte di cassazione, con la sentenza 33389/2018 di ieri ( clicca qui per consultarla ), accoglie, sul punto, il ricorso contro la mancata revoca “pro quota” della confisca messa in atto per un debito tributario. Un’iniziativa che il giudice non aveva assunto, malgrado all’udienza dibattimentale il difensore dell’imputato avesse presentato la documentazione che provava l’accordo raggiunto tra l’agenzia delle Entrate e una Srl per la rateizzazione del debito contributivo che questa aveva accumulato.
La Cassazione precisa che il giudice avrebbe dovuto agire d’ufficio, anche se il ricorrente non aveva fatto espressamente una richiesta, come risultava dal verbale di udienza, in merito alla revoca della disposta confisca. Un passo obbligato, previsto dal Dlgs 158/2015, che andava applicato anche se successivo all’atto di appello, in virtù del carattere penale sostanziale più favorevole. La norma (articolo 12-bis del Dlgs 74/2000, introdotto con il Dlgs 158) sbarra infatti al strada alla confisca per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. La confisca al pari del sequestro preventivo a questa preordinato, può, infatti, essere adottata anche a fronte dell’impegno a pagare, ma ha effetto solo se il patto non viene rispettato.
La dimostrazione del “versamento” avrebbe dovuto dunque indurre il giudice a valutare se la misura ablativa, nei limiti della somma fissata in primo grado, fosse ancora giustificata. I giudici ricordano che, in base alla giurisprudenza di legittimità, è pacifico che in caso di accordo perfezionato tra il Fisco e il contribuente la confisca per equivalente decisa per reati fiscali, va tagliata nella misura delle rate pagate. Diversamente si metterebbe in atto un’inammissibile duplicazione della sanzione in contrasto con il principio in virtù del quale l’ablazione definitiva non può mai superare il vantaggio economico conseguito con il delitto.
Cassazione, sentenza 33389/2018