Adempimenti

Conguaglio della quota di diritto con imposta di registro all’1%

immagine non disponibile

di Angelo Busani

Se Tizio e Caio sono comproprietari al cinquanta per cento ciascuno di un appartamento di valore 100 e stipulano una divisione con la quale Tizio ottiene l’intera proprietà dell’appartamento e Caio un conguaglio di 50, l’imposta di registro si applica a questo contratto con l’aliquota propria degli atti dichiarativi (pari all’1% della massa divisionale) e non l’aliquota propria degli atti traslativi (nel caso di un appartamento, l’aliquota del 9 per cento).

Lo ribadisce la Cassazione nella sentenza n. 20736 del 1° agosto 2019 : in sostanza, non si è in presenza di una cessione di quota di comproprietà ma di una vera e propria divisione. Si tratta di un orientamento che, da qualche anno si è stabilizzato in Cassazione perché inaugurato con la decisione n. 17866/2010 e poi proseguito con le decisioni 20119/2012, 17512/2017 e 7606/2018.

Il tema affrontato ruota attorno al concetto di “conguaglio divisionale” e alla conseguente materia di tassazione del conguaglio, in quanto l’articolo 34, comma 2, dpr 131/1986 (il testo unico dell’imposta di registro) sancisce che sconto l’aliquota propria dei trasferimenti e non l’aliquota propria degli atti dichiarativi il conguaglio convenuto in misura superiore al cinque per cento rispetto al valore della “quota di diritto” di titolarità del condividente che paga il conguaglio.

La “quota di diritto” è la quota di contitolarità che appartiene al condividente sulla massa comune. La “quota di fatto” è il valore del bene assegnato al condividente mediante la divisione. Il conguaglio è il meccanismo finalizzato a rimediare alla diseguaglianza di valore tra la “quota di diritto” e la “quota di fatto” conseguente dall’assegnazione a un condividente di un bene della massa di valore inferiore a quello spettantegli-

Ora, secondo la Cassazione, nel caso di due comproprietari (Tizio e Caio) in parti uguali di un bene di valore 100, se il bene viene assegnato a Tizio e Tizio paga a Caio un conguaglio di valore 50, non si ha un “conguaglio” e, quindi, non si procede alla seguente tassazione: [100 - 50] x 1% + [50 x 9%] = 0,5 + 4,5 = 5,0; ma si procede alla seguente tassazione: 100 x 1% = 1.

Per aversi la fattispecie del conguaglio tassabile, occorrerebbe dunque che Tizio corrispondesse a Caio un conguaglio di valore superiore alla “quota di diritto” del condividente che paga il conguaglio e cioè - in ipotesi, nell’esempio considerato - un conguaglio di 60, con la conseguenza che, in tal caso, si avrebbe, rispetto alla “quota di diritto” di Tizio (la quale, nell’esempio, è di valore 50) l’attribuzione a Caio di un conguaglio (di 60) che è di valore superiore al 5 per cento della “quota di diritto” spettante a Tizio (la “quota di diritto” di Tizio è di valore 50; il conguaglio è di valore 60; quindi, il conguaglio supera di 10 il valore della “quota di diritto” di Tizio e cioè supera del 5 per cento - che sarebbe pari a 2,5 - il valore della “quota di diritto” di Tizio). La tassazione applicabile a questa fattispecie (ipotizzando l’applicazione dell’aliquota del 9 per cento al conguaglio) sarebbe dunque pari a (100 x 1%) + (10 x 9%) = 1 + 0,9 = 1,9.

Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 20736 del 1° agosto 2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©