Finanza

Contributo a fondo perduto «alternativo», niente importo minimo e start up escluse

Necessario il calo del 30% di fatturato. Indennizzi esigui per i contribuenti “minori”

A differenza dei precedenti contributi a fondo perduto previsti per l’emergenza Covid-19, quello “alternativo” calcolato sull’anno pandemico (1° aprile 2020 – 31 marzo 2021 contro 1° aprile 2019 – 31 marzo 2020) spetta solo in presenza del calo di fatturato medio mensile di almeno il 30 per cento.

Nessun contributo minimo viene garantito: né per chi, con questo calcolo, riceverebbe importi particolarmente esigui, né per chi, avendo aperto la partita Iva dopo il 1° gennaio 2019, potrebbe non rientrare in questo meccanismo a causa delle difficoltà incontrate nella fase di start up aziendale.

Di conseguenza, nessun contributo alternativo compete ai soggetti che hanno aperto partita Iva nel 2021. E in particolar modo nulla è previsto, in senso assoluto, per coloro che hanno aperto dopo il 23 marzo 2021, i quali – proprio perché titolari di una partita Iva successiva alla data di entrata in vigore del Sostegni 1 (Dl 41/2021) – non hanno potuto beneficiare del contributo “minimo garantito” previsto da quel decreto.

Il Dl 41/2021 riconosceva infatti – con l’importo fisso di 1.000 euro per le ditte individuali e di 2.000 euro per gli altri soggetti – un contributo minimo anche per le neo-attività. E chi ha potuto beneficiare di quel primo decreto Sostegni ha visto negli scorsi giorni replicare il contributo direttamente in conto corrente (o in compensazione se ne aveva fatto originariamente richiesta), grazie all’accredito automatico previsto dall’articolo 1, comma 1, del Sostegni-bis (Dl 73/2021).

Mentre questi contribuenti raddoppiano l’indennizzo, dunque, quelli che hanno aperto dopo l’entrata in vigore del Dl 41 non ricevono alcun contributo “alternativo”, mancando evidentemente la base di calcolo per il calo medio mensile richiesto.

Escono ridimensionati dal contributo alternativo anche coloro che rientrano sì nel nuovo perimetro agevolato del decreto Sostegni-bis, determinato sui risultati dell’anno pandemico, ma che mostrano, in valore assoluto, un calo medio mensile decisamente limitato. Per questi soggetti, specie per quelli con fatturati circoscritti, saltando la copertura minima garantita, l’importo rischia il più delle volte di diventare molto contenuto, nonostante essi siano stati sicuramente fra i più colpiti dalla crisi economica.

Le altre regole

In termini generali, va poi sottolineato che rimangono in vigore sostanzialmente le stesse regole previste dal decreto Sostegni: ad esempio, i soggetti che hanno attivato la partita Iva tra il 1° aprile 2019 e il 31 marzo 2021 non devono considerare l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi la cui data di operazione cade nel mese di attivazione della partita Iva. In altre parole, in questi casi vanno conteggiati il fatturato e i corrispettivi relativi a operazioni eseguite a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di attivazione della partita Iva.

Inoltre, gli importi del fatturato e dei corrispettivi dei periodi 1° aprile 2019 – 31 marzo 2020 e 1° aprile 2020 – 31 marzo 2021 devono essere calcolati usando un criterio omogeneo, applicato nel medesimo modo a entrambi i periodi.

In particolare, nel caso di un erede che prosegue l’attività di un contribuente deceduto con decorrenza successiva al 31 marzo 2021, o di un’impresa richiedente in cui ne è confluita un’altra a seguito di un’operazione di trasformazione aziendale avvenuta dopo il 31 marzo 2021, l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi dei due periodi sarà determinato – con tutte le difficoltà di calcolo – in riferimento alla partita Iva del deceduto o del soggetto confluito.

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