Imposte

Controllate estere, rimborsi e sfasamenti complicano il calcolo del prelievo oltreconfine

Il regime Cfc scatta se il tax rate è inferiore al 50% di quello interno

di Massimo Foschi e Francesco Nobili

Il calcolo semplificato della tassazione effettiva estera (Effective Tax Rate, Etr) e di quella virtuale italiana impone grande attenzione. Infatti, oltre al requisito secondo il quale più di un terzo dei proventi realizzati dalla società non residente deve derivare da passive income, il regime delle controllate estere (Controlled Foreign Companies, Cfc) è applicabile se la medesima società – residente o meno nella Ue – è assoggettata ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta se residente in Italia (articolo 167, comma 4, del Tuir).

I criteri di calcolo sono stabiliti dal provvedimento del direttore delle Entrate 376652 del 27 dicembre 2021 e nella circolare 18/E emanata lo stesso giorno.

Calcoli, ritenute e rimborsi

L’Etr è pari al rapporto tra le imposte estere e l’utile ante imposte risultante dal bilancio della società non residente. Il provvedimento (par. 3.1) stabilisce che sono da considerare imposte estere:

- sia le imposte effettivamente dovute dalla società estera nello Stato di localizzazione, da determinare peraltro al netto dei crediti d’imposta accordati in tale Stato per i redditi prodotti in Stati terzi;

- sia le imposte dovute dalla società estera in Paesi terzi.

Così, ad esempio, sono considerate imposte estere le ritenute alla fonte a titolo di imposta sugli interessi o le royalty erogati da una società residente nel Paese B a una società potenziale Cfc residente nel Paese A.

Si deve peraltro trattare di imposte assolte a titolo definitivo e per cui non può essere richiesto il rimborso. Quindi, si ragiona in modo analogo a quanto previsto in tema di determinazione del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero di cui all’articolo 165 del Tuir (istruzioni PF – fascicolo 2, pag. 57). Ad esempio, se la ritenuta alla fonte prevista dall’ordinamento interno dello Stato B sugli interessi pagati a non residenti è del 30%, ma la ritenuta prevista dalla convenzione contro le doppie imposizioni conclusa tra lo Stato B e lo Stato A è del 10%, è solo quest’ultimo importo che può essere considerato imposta estera ai fini del calcolo dell’Etr. L’eccedenza, infatti, può essere chiesta a rimborso allo Stato B in applicazione della convenzione e quindi non è stata assolta a titolo definitivo.

Un altro esempio è il seguente. La società potenziale Cfc residente nel Paese A opera nel Paese B per il tramite di una stabile organizzazione il cui reddito è assoggettato a imposizione nel Paese B, ma anche nel Paese A (che non prevede l’esenzione del reddito della stabile, ma la sua tassazione con il riconoscimento del credito di imposta per le imposte pagate nello Stato B). In tal caso, le imposte dovute nello Stato B sono considerate ai fini del calcolo dell’Etr. In entrambi i casi (ritenute alla fonte e imposte sul reddito della stabile organizzazione) le imposte dovute nello Stato B sono considerate imposte estere in quanto, come visto, le imposte dovute nello Stato A sono da considerare al netto del credito d’imposta per i redditi prodotti nello Stato B, evitando in tal modo effetti di annullamento o duplicazione.

L’assenza di una convenzione

Le imposte estere da considerare sono quelle individuate nelle convenzioni contro le doppie imposizioni. In assenza di una convenzione la natura dell’imposta estera deve essere stabilita applicando i principi del nostro ordinamento tributario.

Nell’ipotesi di confederazioni di Stati si considerano non solo le imposte federali, ma anche le imposte sul reddito proprie di ciascuno Stato federale e delle amministrazioni locali. In tal caso, le imposte rilevano anche se non espressamente individuate nella convenzione.

Regimi fiscali di favore

Circa l’applicazione del regime Cfc a società che possono beneficiare di regimi fiscali di favore, la circolare prevede che – nel caso in cui la società estera possa potenzialmente fruire di regimi di favore ma non ne benefici in concreto per sua scelta – le maggiori imposte versate rilevano ai fini del calcolo dell’Etr.

Viene specificato inoltre che risultano superati i chiarimenti forniti dalle risoluzioni 358/E/2002 e 288/E/2007 in quanto riferite ad un diverso contesto normativo. Si tratta di precedenti, sempre in tema di Cfc (ma quando la norma individuava in maniera puntuale alcuni Stati o tipologie di società operanti in alcuni Stati – nei casi esaminati società operanti in Svizzera), nei quali l’Agenzia aveva ritenuto non rilevante, ai fini della disapplicazione della norma Cfc, la condotta del contribuente volta a modificare in peius l’operatività di disposizioni previste a “regime”.

La circolare specifica che non rilevano i pagamenti di imposte estere effettuati volontariamente, anche se finalizzati a determinare un Etr idoneo a superare il test (Etr maggiore o uguale alla metà della tassazione virtuale italiana).

Imposte e sfasamenti temporali

Come regola generale e salvo casi particolari, le imposte estere devono trovare evidenza:

- nel bilancio di esercizio della potenziale Cfc;

- nella dichiarazione dei redditi;

- nelle ricevute di versamento o attestanti la compensazione o dalla documentazione relativa alle ritenute subite.

Tuttavia, sono considerate le imposte relative a un determinato esercizio pagate successivamente alla chiusura dello stesso – indipendentemente dalla rilevazione in bilancio – anche se assolte dopo la chiusura del bilancio ma prima della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del soggetto controllante italiano. È una disposizione analoga a quella di cui all’articolo 165, comma 4, Tuir in tema di credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

Tale articolo contiene anche altre disposizioni che regolano fattispecie in cui si verificano “sfasamenti” temporali nel pagamento delle imposte estere (imposte estere pagate a titolo definitivo dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi; maggiori imposte estere dovute in seguito ad accertamento) che invece non sono previste dall’articolo 167 e la cui mancata regolamentazione potrebbe causare effetti distorsivi dovuti ad un’applicazione meccanica del criterio di calcolo disciplinato dal comma 4. Si pensi, ad esempio, al caso di una società potenziale Cfc che assolva una quota delle imposte estere sul reddito dell’esercizio 1 successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio 1 da parte del soggetto controllante italiano e, esclusivamente per questo motivo, le imposte estere non siano sufficienti a generare un Etr idoneo a superare il test con riferimento all’esercizio 1.

Ricordiamo che la circolare 51/E/2010 aveva stabilito (e non pare che la circolare 18/E modifichi tali orientamenti) che:

1 ) a regime, le perdite fiscali pregresse della società estera dovessero essere sterilizzate ai fini del calcolo dell’Etr (così, se il reddito di esercizio è compensato dalle perdite pregresse e quindi il reddito imponibile è pari a 0, anche l’Etr è pari a 0);

2 ) in sede di prima applicazione, in deroga al principio sopra enunciato, non dovessero essere considerate le perdite fiscali estere maturate antecedentemente all’entrata in vigore della nuova disciplina (quindi, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, l’applicazione avverrebbe dal 2010, nel presupposto che a tale data il contribuente residente detenesse il controllo della società estera).

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