Conversione «neutrale» dei titoli Mps
La conversione in azioni ordinarie di nuova emissione di Mps dei titoli subordinati emessi dalla stessa e da sue controllate secondo il Dl 237/2016 non è evento realizzativo ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c ter), del Tuir e pertanto non dà luogo né a plusvalenze né a minusvalenze d’ordine fiscale. È questo il parere delle Entrate a un interpello della banca.
L’istante richiama l’articolo 18 del Dl 237/2016 e segnatamente l’adozione di disposizioni in ordine all’applicazione delle misure di ripartizione degli oneri fra i creditori come avvenuto con il Dm 27 luglio 2017. Si tratta della «conversione forzosa» in nuove azioni Mps dei titoli subordinati – Tier 2 e titoli Additional Tier 1 – i cui possessori sono persone fisiche non qualificabili come investitori professionali, che hanno acquisito gli stessi prima del 1° gennaio 2016. Nel decreto (articoli 22 e 23) sono fissati i criteri per quantificare la conversione. L’interpellante sottolinea come gli obbligazionisti «subiscono» la conversione senza disporre di alcuna alternativa ottenendo un numero di azioni fissato e ancora che, rivestendo la banca il ruolo di depositaria dei titoli, ai fini dell’applicazione del regime amministrato ex articolo 6 del Dlgs 461/97, ritiene che:
la conversione delle obbligazioni (titoli) non costituisca un’operazione realizzativa e quindi non emergano né plus né minus rilevanti fiscalmente;
il costo fiscale delle azioni ottenute dalla conversione è pari al costo fiscale delle obbligazioni (titoli) convertite.
La banca in subordine ritiene che laddove tale ipotesi non fosse condivisa si dovrebbe applicare l’articolo 88, comma 4 bis, del Tuir – rinuncia ai crediti – nonché fissare il costo delle azioni ottenute secondo i parametri dell’articolo 23.
Da ultimo viene chiesta conferma che nell’ipotesi in cui il rateo di interessi maturato sulle obbligazioni sia ricompreso nel loro valore economico attribuito ai fini della conversione, non sia da applicare alcuna ritenuta.
Nel rappresentare le ragioni a sostegno della soluzione prospettata, l’interpellante afferma come «nel nostro ordinamento esiste un principio generale secondo cui le operazioni o gli eventi che prescindono dalla volontà del contribuente (nel caso conversione forzosa, ndr) non devono dare luogo a fattispecie fiscalmente rilevanti per lo stesso, a meno che ciò non sia espressamente previsto dal legislatore». Nel proprio parere, l’Agenzia richiama i riferimenti normativi citati in premessa e in particolare l’obbligatorietà per il possessore di titoli della conversione stessa. Quanto alla vicenda Mps occorre riferirsi all’articolo 23, comma 3, del D 237/2016.
In tale contesto, sottolinea l’Agenzia, «la conversione assume carattere di atipicità rispetto alle ordinarie operazioni di conversione che attengono ai titoli obbligazionari convertibili ab origine e non assumono valenza coattiva». Nel caso di specie le obbligazioni erano prive della caratteristica di convertibilità e le azioni sono assegnate sulla base di parametri definiti dalla legge. Circa la nozione di cessione a titoli oneroso viene citata la sentenza 1749/99 della Cassazione laddove essa è considerata «un atteggiamento volontario o consenziente del soggetto cedente». Non essendo tale il caso sottoposto, l’Agenzia conclude che «la conversione non possa comportare effetti realizzativi in capo agli obbligazionisti ai sensi delle disposizioni Tuir». Di converso, il costo fiscale delle azioni rilevante ai fini del trasferimento al Mef ovvero cessione sul mercato sarà pari al costo fiscale dei titoli convertiti. Parimenti non si verificherà alcun salto di imposta nel passaggio tra obbligazioni e azioni.
Da ultimo, non essendovi pagamento di interessi su titoli, non deve applicarsi alcuna ritenuta/imposta sul rateo interessi maturati.