Coop, negli esercizi chiusi in perdita ammessi i dividendi
Le azioni di finanziamento, emesse da cooperative a mutualità prevalente, possono beneficiare di dividendi anche per gli esercizi chiusi in perdita. Dipende dall’inclusione della portabilità del dividendo nella clausola di privilegio. Ma anche dall’eventuale esistenza di vincoli esterni. La problematica è affrontata dal lodo arbitrale emesso il 19 dicembre scorso nella controversia fra una cooperativa sociale e l’investitore istituzionale Cfi, accreditato ai fini della legge 49/1985 e partecipato dal ministero dello Sviluppo economico.
L’arbitro ha ritenuto legittima la richiesta di dividendi anche per gli esercizi in perdita, considerando che il privilegio attribuito alle azioni, emesse in base all’articolo 2526 del Codice civile, prevede il diritto a un dividendo annuo indicizzato non inferiore al 4,25%, qualificato come portabile. Ossia, «in caso di mancato pagamento in un esercizio esso è dovuto negli esercizi successivi, unitamente al dividendo maturato nell’esercizio, nei limiti di capienza degli utili netti». La tenuta della clausola contrattuale societaria, tuttavia, rischia di scontrarsi con la normativa esterna.
Lodo e privilegio non sembrano considerare che l’investimento è dichiaratamente effettuato nel rispetto della legge 49/1985 e dei relativi decreti ministeriali di attuazione. Malgrado ciò, la clausola apposta contrasterebbe con l’articolo 4.7 del Dm Mise del 4 aprile 2001, che così recita: «In caso di utili delle cooperative partecipate, le società finanziarie avranno diritto ad un dividendo superiore di due punti a quello deliberato dall’assemblea per gli altri soci. Qualora l’assemblea deliberi di non distribuire dividendi ai soci ordinari, le società finanziarie avranno comunque diritto a un dividendo pari al 2% del capitale sottoscritto e versato, nel limite degli utili conseguiti dalle cooperative». Una maggiorazione, quella del 2%, ancorata ai dividendi effettivamente deliberati a favore dei soci ordinari e presa a prestito dalla normativa sui soci sovventori e sulle azioni di partecipazione, che il decreto Mise ha ritenuto congrua e ha estesa alle azioni di finanziamento, con un testo la cui letteralità, fra l’altro, escluderebbe la portabilità del dividendo per gli esercizi in perdita.
Inoltre, se non gestito correttamente in bilancio, l’accumulo dei dividendi portabili in un solo anno potrebbe compromettere, anche ai fini fiscali, la qualificazione di cooperativa a mutualità prevalente. L’articolo 2514 Cc, primo comma, lettera a), sancisce infatti il divieto di distribuire dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo. Sulla portata del divieto si è espressa, acquisendo il parere dell’avvocatura generale dello Stato, l’agenzia delle Entrate con nota n. 6153 del 13 febbraio 2006, precisando che il divieto di distribuire dividendi in misura superiore a quella indicata nella lettera a) opera con riferimento a tutti i soci, siano essi cooperatori o finanziatori.
Un’interpretazione che, per non essere illogica, ridurrebbe quindi ai soli strumenti finanziari diversi dalle partecipazioni di capitale l’ambito applicativo della lettera b) dell’articolo 2514.