Coop sociali, gli statuti non vanno adeguati
Adeguamenti delle cooperative sociali ancora sotto la lente di ingrandimento. Dopo notai e ministero del Lavoro, anche il Consiglio nazionale dei commercialisti (Cndcec) è intervenuto sull’argomento, passando in rassegna le disposizioni del Dlgs 112/2017 che dovrebbero applicarsi alle coop sociali in quanto imprese sociali di diritto.
Sul fronte degli statuti, il documento pubblicato ieri conferma le indicazioni fornite dalla prassi ministeriale (nota del 22 febbraio 2018): le cooperative sociali non devono fare modifiche statutarie e non sono soggette a controlli preventivi, in quanto acquisiscono “di diritto” l’ulteriore qualifica di impresa sociale. Ciononostante, tali enti sono comunque chiamati al rispetto del Dlgs 112/2017, per cui va verificato quali disposizioni si applicano e quali, invece, sono incompatibili con la normativa specifica delle cooperative (legge 381/1991) o riguardano aspetti da essa già puntualmente disciplinati. Rientrano in questo secondo filone, ad esempio, le disposizioni su oggetto sociale e assenza di scopo di lucro (articoli 2 e 3 del Dlgs 112/2017), che si sovrappongono a quelle dell’ordinamento cooperativo (articolo 1 della legge 381/1991 e articolo 2514 del Codice civile), nonché quelle su scritture contabili ed organo di controllo (articoli 9, commi 1 e 10, Dlgs 112/2017), aspetti già compiutamente disciplinati dal codice civile. Al contrario, obbligatorio anche per le coop sociali il bilancio sociale, seppure dalla data che sarà indicata nelle apposite linee guida. L’adempimento era già richiesto da alcune legislazioni regionali come condizione per l’iscrizione agli albi ed è in linea con i principi di trasparenza e tutela dell’affidamento dei terzi a base della riforma (di cui il bilancio sociale è principale strumento di attuazione).
Maggiori perplessità restano in materia di lavoratori e operazioni straordinarie. Sui primi, i commercialisti aderiscono alla posizione del Notariato, affermando che anche le coop sociali devono rispettare il rapporto di uno a otto nel divario retributivo tra i dipendenti (articolo 13, comma 1, del Dlgs 112/2017), non condividendo le diverse indicazioni contenute nella nota a firma congiunta Mise-ministero del Lavoro dello scorso 31 gennaio, che invece nega l’applicabilità dell’articolo 13 al mondo delle coop sociali (a tal proposito si rinvia all’ articolo pubblicato su «Il Sole 24 Ore» del 6 febbraio). Un aspetto, questo, particolarmente delicato e su cui sarebbe opportuna una revisione: accogliendo la tesi ministeriale, solo le cooperative sociali potrebbero regolamentare liberamente il trattamento economico dei lavoratori (sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità secondo la legge 142/2001), con evidente disparità di trattamento rispetto alle imprese sociali (nel cui alveo sono ricomprese), e agli altri enti del Terzo settore. Non a caso, nelle intenzioni originarie, la norma avrebbe dovuto essere più “morbida”, ammettendo scostamenti giustificati dalla necessità di acquisire specifiche competenze. Quanto all’articolo 12 del Dlgs 112/2017, il documento si esprime in chiave dubitativa, mentre i precedenti interventi di ministero e notai hanno ritenuto inapplicabile la disposizione, in quanto la materia delle operazioni straordinarie è già esaustivamente regolata dal codice civile (articolo 2545-octies e successivi).