Controlli e liti

Correzioni solo essenziali in dichiarazione

di Rosanna Acierno

L’integrazione della dichiarazione può avvenire solo se si dimostra il carattere essenziale e riconoscibile dell’errore. Pertanto, se il contribuente non indica, nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, il credito d’imposta per la ricerca scientifica (articolo 6 del Dm n. 275/1998), non è possibile presentare una dichiarazione integrativa per farne valere la spettanza, essendo la questione oggetto di una volontà negoziale.

Sono le lapidarie conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 10029 depositata il 24 aprile 2018.

La pronuncia trae origine dal controllo automatizzato ex articolo 36 bis del Dpr 600/73 della dichiarazione modello Unico 2003 relativa al periodo di imposta 2002 presentata da una Srl e dal conseguente disconoscimento in capo alla stessa del credito di imposta per incentivi alla ricerca scientifica a causa della mancata compilazione del quadro RU. Impugnata l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento, la Ctr Piemonte, ribaltando il giudizio di primo grado, confermava la legittimità del disconoscimento del credito da parte dell’ufficio. Avverso la predetta sentenza, la Srl proponeva ricorso per Cassazione.

Nel respingere il ricorso, i giudici della Corte suprema hanno innanzitutto statuito che la previsione di un termine stabilito a pena di decadenza, come previsto dall’articolo 6, comma 1 del Dm 275/1998, nel caso del credito di imposta per incentivi alla ricerca scientifica, implica la sua perentorietà, con la conseguente estinzione del diritto sulla base del mancato esercizio entro il termine consentito dalla legge.

Inoltre, richiamando la pronuncia delle Sezioni unite n. 13378/2016, la Corte suprema ha precisato che il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite della dichiarazione destinata a rimanere irretrattabile per il sopravvenire di decadenze. Ne consegue che il contribuente che abbia omesso tale indicazione non può invocare il principio di generale emendabilità della dichiarazione fiscale, che opera solo in caso di mera esternazione di scienza. In sostanza, a parere dei giudici di legittimità, l’integrazione della dichiarazione può avvenire solo se si dimostra il carattere essenziale e riconoscibile dell’errore.

Per completezza, è comunque opportuno far rilevare che la sentenza 13378/2016 a cui i giudici di legittimità hanno inteso, da ultimo, aderire è stata emessa prima delle modifiche introdotte, a decorrere dal 3 dicembre 2016, dall’articolo 5 del Dl 193/2016 all’articolo 2, comma 8 bis del Dpr 322/1998.

Prima delle predette modifiche, infatti, in base al vecchio articolo 2, la compensazione del credito d’imposta che scaturiva dalla correzione a favore era ammessa solo se l’integrativa era presentata entro il termine per la trasmissione della dichiarazione dell’anno successivo.

A seguito delle modifiche apportate dal Dl 193/2016 intervenute dopo la pronuncia delle Sezioni unite, invece, il nuovo testo dell’articolo 2, comma 8 del Dpr 322/1998 dispone la dichiarazione dei redditi, Irap, Iva e del sostituto d’imposta (anche relative a periodi di imposta pregressi) può essere, genericamente, emendata entro i termini di decadenza dal potere di accertamento per correggere errori ed omissioni «comprese le irregolarità che danno luogo a variazioni, a favore o a sfavore del contribuente, dell’imposta, dei crediti d’imposta o della base imponibile».

Tutto ciò indurrebbe a ritenere che, in presenza di requisiti sostanziali, quali la comprovata spettanza, e dunque, l’esistenza di un credito, il legislatore consenta sempre la possibilità di emendare la dichiarazione, anche nei casi in cui questa sia espressione di manifestazioni negoziali soggette a limiti decadenziali, così come peraltro statuito dalla medesima Corte di cassazione, con la sentenza n. 26550/2016.

Cassazione, ordinanza 10029/2018

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