Controlli e liti

Così il ravvedimento operoso scongiura il reato

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di Laura Ambrosi, Antonio Iorio

Anche per il credito inesistente si può effettuare il ravvedimento operoso, a chiarirlo è la circolare 31/2020 che può avere anche importanti risvolti in ambito penale.

L’ indebita compensazione

L’articolo 10 quater del Dlgs 74/2000 prevede il delitto di compensazione di credito non spettante (comma 1); compensazione di credito inesistente (comma 2). Più precisamente è prevista la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a 50.000 euro, mentre è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai 50.000 euro.

Il ravvedimento

Solo per il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti è prevista la non punibilità se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni e interessi, sia estinto mediante integrale pagamento del dovuto, anche attraverso conciliazione, adesione o ravvedimento operoso.

A tal fine, quindi, il reato non è punibile se il contribuente:

corrisponde le somme dovute beneficiando del ravvedimento operoso;

esegue il pagamento a seguito dell’avviso bonario o a seguito della ricezione della cartella.

Ove l’interessato avvii un piano di rateizzazione ai fini della non punibilità del reato, l’integrale pagamento deve avvenire entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Se all’apertura del dibattimento il debito tributario sia ancora in fase di estinzione mediante rateazione, è concesso un termine di 3 mesi per eseguire i residui versamenti.

Il giudice ha poi la facoltà di prorogare tale termine di ulteriori 3 mesi. Ne consegue così che il contribuente in tre, o massimo sei mesi, dovrà estinguere integralmente il debito a prescindere dal piano di rateazione iniziato.

Il chiarimento dell’Agenzia

Secondo la circolare 31/2020 è possibile ravvedere anche il credito inesistente contestato dall’Ufficio. Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate è da salutare con estremo favore ma merita qualche riflessione di ordine pratico.

Innanzitutto, il “credito inesistente” (nella sua effettiva accezione e non come inteso dagli uffici anche in presenza di errori o di differenti valutazioni tecniche) è caratterizzato da un comportamento fraudolento del contribuente che crea artificiosamente il credito per evitare il pagamento delle imposte dovute.

Fino al 2019, l’Agenzia ( risposte a Telefisco 2019) aveva escluso il ravvedimento per i comportamenti connotati da fraudolenza, atteso che poteva riguardare solo la mera correzione di errori e omissioni del contribuente. In tal senso veniva sempre richiamata la circolare 180/E del 1998.

Alla luce di queste pregresse interpretazioni, quanto evidenziato ora nella circolare 31 testimonia un’importante apertura dell’Agenzia.

I possibili risvolti penali

Sebbene da un punto di vista penale per il credito inesistente non è prevista la non punibilità in caso di pagamento del dovuto è bene considerare che in assenza di fraudolenza, si potrà tentare in sede difensiva, di riqualificare il reato come utilizzo di credito non spettante.

Da ciò conseguirebbe che l’integrale pagamento prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, porterebbe alla non punibilità.

In ogni caso, con il pagamento sempre entro tali termini anche mediante ravvedimento operoso, si può ottenere la diminuzione della pena fino alla metà, la non applicazione delle pene accessorie e l’accesso al patteggiamento.

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