Controlli e liti

Costi esagerati senza rettifica Iva

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di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’amministrazione finanziaria può valutare la congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni sebbene non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, con negazione della deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, un siffatto sindacato però non può spingersi sino alla verifica oggettiva circa la opportunità di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività. Il fisco cioè non può sostituirsi all’imprenditore nelle valutazioni dei costi sostenuti e quindi riprenderli a tassazione ove ritenuti antieconomici. È questo il difficile equilibrio che caratterizza l’orientamento della Suprema corte a proposito dell’antieconomicità dei costi nelle scelte imprenditoriali.

Gli orientamenti

In numerose pronunce, i giudici di legittimità hanno affermato la non inerenza degli atti manifestamente “antieconomici” che determinano costi del tutto sproporzionati rispetto ai ricavi dell’impresa. Questo orientamento è fondato sul principio di economicità dell’azione imprenditoriale, che dovrebbe ispirare tutti gli atti dell’impresa (Cassazione 793/2004 e 11240/2001).

In sostanza è ormai principio consolidato secondo i giudici di legittimità che «i comportamenti che si pongono in contrasto con le regole del buon senso uniti alla mancanza di una giustificazione razionale (che non sia quella di eludere il precetto tributario), assurgono al rango di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, che legittimano il recupero a tassazione dei relativi costi» (per tutte Cassazione 23635/2008).

Tuttavia la Corte ha, pure precisato che se rientra nei poteri dell’amministrazione la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti, con negazione della deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (tra le altre, sentenze 8072/2010 e 9036/2013), un siffatto sindacato non può spingersi sino alla verifica oggettiva circa l’opportunità di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività. Differentemente, il controllo attingerebbe a valutazioni di strategia commerciale riservate all’imprenditore (Cassazione 10319/2015).

In tale ottica recentemente (sentenza 21405/2017) la Cassazione ha confermato l’illegittimità della rettifica nei confronti di una società cui veniva ripreso a tassazione un cospicuo costo ritenuto antieconomico. Nella specie, la società aveva risolto un contratto di servizi con un’altra azienda del gruppo per fornitura di attività di marketing, sottoscrivendo uno specifico accordo.

In base a tale atto l’impresa, poi accertata, si faceva carico di tutte le spese sostenute dalla società di marketing. L’Agenzia riteneva che la nuova somma concordata fosse superiore al corrispettivo previsto nel contratto iniziale, ed infatti se lo avesse proseguito sino a scadenza avrebbe avuto minori oneri.

Le imposte indirette

Gli uffici a fronte di queste contestazioni, puntualmente effettuano la rettifica anche per l’Iva. La Cassazione, anche recentemente, ha però censurato tale comportamento, poiché la regola sull’antieconomicità può interessare solo l’imposizione diretta.

I giudici di legittimità, da tempo (sentenza 22130/2013) hanno escluso un’estensione automatica anche all’Iva delle citate presunzioni. Secondo la Corte di giustizia, per l’Iva, non è consentito limitare o negare il diritto di detrazione, anche perché, in caso contrario, verrebbe meno il principio di neutralità dell’imposta: al versamento dell’Iva dovuta dal cedente non corrisponderebbe la detrazione da parte del cessionario.

Con la sentenza 2875/2017 i giudici di legittimità hanno precisato che, salvo non si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni o di abuso del diritto, le presunzioni volte a contrastare un comportamento non economico non possono estendersi anche all’Iva.

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