Imposte

Crediti d’imposta con passaggio di testimone nei conferimenti

La ripercussioni della risposta a interpello 143/2020 sul bonus Sud

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di Giosuè Manguso


I crediti d’imposta concessi a fronte di investimenti effettuati nei territori del Mezzogiorno sono trasferibili anche nell’ambito di un conferimento di azienda comprensivo dei beni oggetto dell’agevolazione. Questo chiarimento, reso dalle Entrate con la risposta a interpello 143/2020 (già anticipato dall’articolo di Giacomo Albano su NT+ Fisco), è di estremo interesse per la fiscalità delle operazioni di riorganizzazione aziendale, perché implicitamente si allinea alla posizione interpretativa secondo cui i crediti d’ imposta non appartengono alla categoria delle “posizioni soggettive” ma a quella degli elementi patrimoniali.

Un cambiamento radicale

In particolare, tale interpretazione segna un cambiamento radicale rispetto alla tesi da sempre sostenuta dall’amministrazione finanziaria, secondo cui i crediti di imposta acquisiti come “contributo a fondo perduto” per aver assunto determinati comportamenti (ad esempio, per aver investito in alcune aree del mezzogiorno, ottenendo il cosiddetto bonus Sud ovvero la cosiddetta Visco-Sud e per aver incrementato i livelli occupazionali) rappresentino posizioni soggettive, che, in quanto tali, possono “circolare” soltanto attraverso operazioni sui soggetti (fusioni, scissioni e trasformazioni), escludendone mutazioni di titolarità in presenza di operazioni riorganizzative sui beni (conferimenti o cessioni di compendi aziendali).

Infatti, già nella risposta 22/2006, in ordine alla possibilità di trasferire il diritto a fruire del credito d’imposta Visco-Sud l’agenzia delle Entrate ha precisato che tale trasferimento è consentito unicamente con riguardo a operazioni che, in base a specifiche disposizioni giuridiche, prevedono una confusione di diritti e obblighi dei soggetti giuridici interessati (ad esempio, in caso di operazioni di fusione, scissione e trasformazione di società). Ciò premesso, poiché nella fattispecie oggetto di interpello, il diritto di fruire del credito d’imposta maturato in capo alla società scissa rientrava tra le posizioni soggettive connesse specificamente a elementi del patrimonio trasferito, il credito stesso competeva alla società beneficiaria del ramo d’azienda oggetto di scissione nel quale è stato realizzato l’investimento agevolabile (sul punto si vedano anche la circolare 161/2000, le risoluzioni dell’agenzia delle Entrate 143 del 2003 e 118 del 2009).

I conferimenti d’azienda
Per quanto riguarda i conferimenti d’azienda (e non di singoli beni), l’Agenzia ha sempre escluso che tali operazioni potessero rappresentare un’ipotesi di “recapture” ovverosia una circostanza che, realizzando una cessione o destinazione del bene a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, determinasse l’obbligo di ridurre l’ammontare del credito di imposta eventualmente spettante escludendo dal calcolo il bene oggetto di conferimento. L’assenza di tale obbligo consentiva al soggetto conferente di continuare a fruire del credito di imposta nella misura prevista originariamente purchè i beni sarebbero rimasti avvinti all’attività di impresa presso il conferitario. Infatti, nella risposta 75/2019, chiamata a pronunciarsi su una fattispecie di contratto di affitto di azienda comprensivo di beni agevolati con il bonus Sud, si chiedeva alle Entrate se l’operazione potesse comportare una rideterminazione del credito di imposta per effetto della cessione di uno o più beni oggetto di investimento.

L’Agenzia ha escluso tale esito, a condizione che i beni agevolati compresi nel compendio aziendale oggetto di affitto, non sarebbero stati destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno attribuito il diritto all’agevolazione; circostanza, che si era realizzata poiché l’istante, contestualmente all’acquisto di tali beni, aveva concesso in affitto il ramo di azienda comprensivo dei beni agevolati a soggetti terzi che avrebbero continuato a svolgere la medesima attività del conferente negli stessi territori agevolabili (anche circolare 38/2002; ris. 238/2002, 98/2003, 179/2003). Pertanto, per l’Agenzia le operazioni di conferimento ovvero d’affitto di rami di azienda, non integrando la fattispecie di cessione di singoli beni, non determinavano il recupero del beneficio, il quale restava attribuito al soggetto che aveva realizzato gli investimenti.

Le posizioni soggettive

In merito a cosa debba intendersi per “posizioni soggettive”, soltanto in un caso (ris. n. 91/2002), l’agenzia delle Entrate ha avuto cura di chiarirne il significato, precisando che «con l’utilizzo di questa più generica espressione il legislatore ha indubbiamente inteso ricomprendere ogni situazione giuridica attiva e passiva generata dalla normativa sulle imposte dirette in capo alla scissa e cioè non solo i crediti e i debiti d’imposta di questa società, ma anche tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetto nell’attività di misurazione del reddito della scissa nei periodi d’imposta successivi alla scissione».
In effetti, nel disciplinare i criteri di ripartizione delle posizioni soggettive nell’ambito delle scissioni (articolo 173, comma 4, del Tuir) il legislatore non ha né definito tali posizioni né tanto meno fissato regole minime utili a identificare le fattispecie da attrarre all’interno di tale categoria. Egli ha soltanto indicato che tra le posizioni soggettive figurano le variazioni diminutive ex articolo 86, comma 4, del Tuir (rateizzazione delle plusvalenze).

A ben guardare, proprio l’aver individuato tale disposizione normativa consente di poter affermare in via analogica, aderendo alla migliore dottrina che già si è espressa al riguardo, che le posizioni soggettive dovrebbero comprendere situazioni giuridiche attive e passive che esplicheranno effetti sulla determinazione del reddito imponibile del soggetto detentore di tali posizioni ma che non possono ancora definirsi situazioni creditorie e debitorie tali da poter essere già esposte nei libri contabili e nei bilanci societari. In termini più operativi, rappresenterebbero situazioni soggettive, ad esempio, le variazioni in diminuzione da effettuare, ai fini delle imposte sui redditi, nel periodo in cui i compensi per amministratori sono pagati (art. 95, comma 5), nel periodo di utilizzo dei “fondi tassati” (cioè quelli costituiti con accantonamenti ex art. 107, comma 4), ovvero le variazioni in aumento dovute alle spese di manutenzione non capitalizzate eccedenti il 5 per cento del costo dei beni materiali ammortizzabili (art. 102, comma 6); apparterrebbero, invece, alla categoria degli elementi patrimoniali i crediti di imposta di cui già si sia conseguito la titolarità giuridica e se ne possa offrire rappresentazione contabile.

Pertanto, la risposta 143/2020 autorizza a ritenere che per l’agenzia delle Entrate i crediti di imposta già attribuiti al soggetto conferente rappresentino (non più posizioni soggettive ma) veri e propri elementi patrimoniali, che, in quanto tali, possono essere trasferiti, unitamente al compendio aziendale oggetto di agevolazione, attraverso un’operazione di conferimento di azienda, cessione di azienda ovvero affitto d’azienda.

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