Controlli e liti

Crediti Irpef con prescrizione breve

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di Davide Settembre

Continua a far discutere il termine di prescrizione dei crediti erariali. Con la sentenza 1883/16/2018 (presidente Sacchi, relatore Chiametti) la Ctr Lombardia sposa la linea della prescrizione breve quinquennale.

La pronuncia lombarda
Il caso parte da un ricorso contro un’intimazione di pagamento (in materia di Irpef), preceduta da una cartella, che veniva accolto dai giudici di primo grado, per l’avvenuta prescrizione del termine quinquennale per recuperare le somme pretese. In particolare, secondo la Ctp, sebbene fosse intervenuto un giudicato sulla cartella (2012), questo era intervenuto dopo lo spirare del termine quinquennale per la riscossione del credito (5 novembre 2005-4 novembre 2010) e ciò non avrebbe consentito la conversione della prescrizione in quella ordinaria (decennale).

L’agente della riscossione aveva quindi proposto appello contro tale sentenza, affermando che non fosse l’esistenza del giudicato a consentire l’applicazione del termine di prescrizione lungo ma la stessa natura del credito Irpef, che si prescrive in dieci anni, come sostenuto dalla Cassazione.

L’appello è stato rigettato dalla Ctr. La sentenza richiama, in particolare, le Sezioni unite della Cassazione (23397/2016) secondo cui la conversione dell’eventuale termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale – prevista dall’articolo 2953 del Codice civile – non si applica in caso di mancata impugnazione di un atto impositivo o di un atto della riscossione, ma solo quando passa in giudicato una sentenza.

Il caso di Treviso
In senso analogo è arrivata di recente anche la Ctp Treviso 82/03/2018 (presidente e relatore Cicero), conforme ad altri precedenti della stessa commissione (sentenza 340/03/17, commentata sul Sole 24 Ore del 25 settembre 2017). Nel caso esaminato, il contribuente aveva presentato ricorso contro un’intimazione di pagamento notificata nel 2017 relativa a cartelle di pagamento notificate prima del 2009 (riguardanti Iva, Irap, tasse automobilistiche e diritti annuali della Camera di commercio). Secondo i giudici trevigiani, «gli atti amministrativi quali l’accertamento, la cartella di pagamento et similia non sono suscettibili di passare in giudicato, con conseguente esclusione dell’applicazione dell’articolo 2953 – cosiddetta actio judicati - riservata solamente alle sentenze di condanna o al decreto ingiuntivo».

I precedenti difformi
Le due pronunce qui commentate sono conformi a quelle di altre commissioni (tra cui Ctr Lazio 1050/12/2017, pubblicata sul Quotidiano del Fisco del 5 maggio). In giurisprudenza, però, si registrano anche posizioni differenti. Sul fatto che la mancata impugnazione di un atto amministrativo non possa trasformare in decennale il termine breve di prescrizione tutti concordano. Ma ciò presuppone per l’appunto che sia prevista una prescrizione “di base” breve (quinquennale) per il credito. Il vero punto di dissidio, perciò, è quale sia il termine di prescrizione “di base”, perché alcuni crediti si prescrivono invece già ordinariamente in dieci anni.

In tal senso, la Ctp di Caltanissetta (1007/01/2017, sul Sole 24 Ore dell’11 settembre 2017), tra le altre, sottolinea che il termine di prescrizione “di base” dei crediti Iva è dieci anni, in linea con quanto sostenuto più volte dalla Corte di cassazione (18110/2004, ad esempio). Per i giudici anche l’Irpef si prescrive in dieci anni: infatti, contrariamente a quanto sostenuto da altri giudici, in virtù dell’autonomia dei singoli periodi d’imposta, non la si potrebbe equiparare agli interessi e a «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», per i quali l’articolo 2948, numero 4), del Codice civile detta la prescrizione quinquennale.

Ctr Lombardia, sentenza 1883/16/2018

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