Imposte

Tax credit affitti, l’acquisto può generare una sopravvenienza attiva da tassare

Gli aspetti contabili e fiscali del credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili commerciali

Molte delle misure del decreto rilancio fanno leva su crediti d’imposta e consentono la trasferibilità degli stessi per venire incontro alle rilevanti esigenze di liquidità dei soggetti beneficiari. Infatti attraverso la cessione dei suddetti crediti le imprese possono usufruire di una fonte alternativa di finanziamento. Vediamo aspetti contabili e fiscali del credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda ai sensi dell’articolo 28 del Dl 34/20.

Ricordiamo in primis che la possibilità di cedere tale credito d’imposta è contenuta nell’articolo 122 del Dl rilancio. La norma stabilisce che dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2021 i soggetti beneficiari di determinati crediti d’imposta (fra cui quello relativo ai canoni di locazione ex articolo 28) possono operare una cessione, anche parziale, ad altri soggetti compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari. Essa demanda poi a un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate le modalità attuative, compreso l’esercizio dell’opzione da effettuarsi in via telematica.

Alcune considerazioni utili emergono dalla lettura della recente circolare 14/E/20. In maniera del tutto condivisibile l’agenzia delle Entrate ha chiarito, pur in presenza di una norma scritta in maniera a dir poco infelice, che per poter cedere il credito d’imposta a cui ha diritto il locatario non è tenuto a corrispondere l’intero importo al locatore. Infatti sarà sufficiente pagare la differenza fra il canone dovuto e il credito d’imposta a cui si ha diritto, ovvero il 40% in presenza di un credito d’imposta del 60% per le locazioni, oppure il 70% in presenza di un credito d’imposta del 30% in caso di affitto d’azienda.

Conditio sine qua non per mettere in atto la monetizzazione del credito d’imposta è la verifica, da parte del conduttore, di avere diritto al credito d’imposta, in virtù di una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente. Chiarito ciò, altri due aspetti vengono in evidenza. In primis non sembra esservi alcuna preclusione, ricorrendone i presupposti, alla cessione del credito d’imposta in ambito infragruppo, in quanto la norma non prevede limitazioni al riguardo. Per quanto concerne poi i potenziali cessionari, possono figurare:

il locatore o il concedente

altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito.

Appare quindi evidente che la cessione potrà seguire anche canali non bancari. Da questo punto di vista il locatore appare il soggetto “naturalmente” deputato ad acquisire il credito d’imposta del conduttore, in virtù della vicinanza di rapporto e del fatto di poter, così, salvaguardare il proprio credito nascente dal rapporto di locazione.

E veniamo agli aspetti contabili e fiscali. Il conduttore iscrive il credito d’imposta sulla locazione del 60% pari a 60 nello stato patrimoniale alla voce CII5-bis «crediti tributari» (Oic 25) e in contropartita nella voce 20 di conto economico col segno avere. Esso non sarà imponibile né ai fini delle imposte dirette né dell’Irap. Immaginiamo poi che ceda tale credito per un corrispettivo pari a 58. Contabilmente il conduttore chiuderà il credito d’imposta di stato patrimoniale con un introito di banca di 58. La differenza, pari a 2, rappresenta una sopravvenienza passiva da iscriversi in conto economico in B14 fra gli oneri diversi di gestione.

Vediamo specularmente la contabilizzazione dell’acquirente-impresa. Costui iscriverà un credito tributario nello stato patrimoniale (voce CII5-bis) pari a 60 e, in contropartita, registrerà un’uscita di banca per 58 e un componente positivo di reddito (sopravvenienza attiva da iscrivere in A5) pari a 2 per aver acquisito il credito al di sotto del valore nominale. Fiscalmente l’Agenzia ha chiarito che tale sopravvenienza attiva è imponibile, motivo per cui si ritiene che, per correlazione, quella passiva registrata dall’acquirente debba considerarsi deducibile (in senso conforme si veda la circolare 26/E/13 paragrafo 3.2).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©