Imposte

Credito d’imposta ricerca e sviluppo sul design: al centro ideazione estetica e prototipi

Il recupero del principio di affidamento può partire dai precedenti documenti di prassi in cui l’aspetto creativo poteva riguardare i materiali utilizzati, la combinazione, i disegni e le forme, i colori

Le argomentazioni del parere tecnico del Mise con le quali si nega l’ammissibilità al vecchio credito d’imposta ricerca e sviluppo ex articolo 3 del Dl 145/2013 delle attività di design, ideazione estetica e prototipìa svolte da un’impresa operante nel settore della moda (risoluzione 41/E/2022: si veda il precedente articolo «Credito d'imposta ricerca e sviluppo sul design ma solo dal 2020») sembrano porsi in contrasto con le indicazioni fornite in passato dallo stesso Mise e a cui le imprese del tessile, della moda e, più in generale, quelle impegnate nel design avevano fatto (legittimo) affidamento sino ad oggi.

Per valutare l’ammissibilità delle attività finalizzate alla concezione e realizzazione di nuove collezioni o campionari, il Mise ha riproposto talune argomentazioni già utilizzate relativamente alle attività di ricerca e sviluppo ed applicabili trasversalmente a tutti i settori produttivi:

•le attività di ricerca e sviluppo agevolabili sono volte al superamento di incertezze scientifiche e tecnologiche, non risolvibili in base alle conoscenze già disponibili allo stato dell’arte;

• è necessaria la presenza di un grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico;

• sono da escludersi le attività innovative che attingono allo stato dell’arte del specifico settore d’appartenenza e che, pur ampliando o migliorando le conoscenze dei prodotti/processi, non comportano un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili.

Fatta tale premessa, il Mise rileva che le attività attinenti al design e all’ideazione estetica, ove non finalizzate alla risoluzione di un ostacolo di carattere scientifico e/o tecnologico, non sono ammissibili al credito ricerca e sviluppo in quanto il loro unico “effetto tecnico” riguarda, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto.

Se tali principi, mutuati dal manuale di Frascati, sono facilmente declinabili in alcuni settori industriali, vi sono più difficoltà proprio nel settore della moda e del design, dove il tasso tecnologico/scientifico delle attività svolte risulta de facto limitato, concretizzandosi principalmente in innovazioni estetiche o «non tecnologiche». Non è escluso che si svolgano anche attività di ricerca e sviluppo caratterizzate da incertezze puramente tecniche (si pensi allo studio di nuovi tessuti, alla colorazione, alle tecniche di lavorazione, ecc.); si tratta, però, di un filone di attività diverso – forse complementare – rispetto a quello del design su cui si sofferma la risoluzione 41/E/2022.

Questi dubbi sembravano risolti dall’agenzia delle Entrate, che già con la circolare 5/2016, aveva precisato che per l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo rilevanti nel settore del tessile poteva farsi riferimento alle indicazioni del Mise nella circolare 46586/2009. Per effetto di tale rinvio, le attività di ricerca e sviluppo rilevanti potevano ricondursi alla:

• ricerca e ideazione estetica;

• realizzazione di prototipi, in quanto attività esclusivamente dirette al processo di realizzazione di un prodotto nuovo, modificato o sensibilmente migliorato.

L’aspetto creativo, quindi, a seconda dei casi, poteva riguardare i materiali utilizzati, la loro combinazione, i disegni e le forme, i colori o ad altri elementi caratterizzanti le nuove collezioni.

Con la risposta pubblicata (Faq) il 29 settembre 2017, il Mise aveva confermato il rinvio alla circolare del 2009 per il settore tessile e della moda e aveva esteso i criteri in essa contenuti anche ad altri settori afferenti alla produzione creativa (calzature, occhiali, gioielleria, ceramica).

Considerato che le imprese avevano fatto affidamento su tali chiarimenti sarebbe auspicabile che il Mise e l’agenzia delle Entrate riaffrontino la questione. Ciò in quanto interpretazioni, a posteriori, confliggenti con una “prassi” consolidata e supportata (così almeno si credeva) da posizioni ufficiali, comporta una significativa perdita di fiducia anche nei numerosi strumenti incentivanti già introdotti ovvero in fase di introduzione anche in attuazione al Pnrr.

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