Imposte

Credito d’imposta R&S sul personale non qualificato

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di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Con la risoluzione n. 122/E l’agenzia delle Entrate ha fornito una serie di chiarimenti in merito al credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013, a seguito di una richiesta di consulenza giuridica inoltrata da un’associazione di categoria. Dopo gli approfondimenti sui costi di prototipazione, la risoluzione n. 122/E risponde a ulteriori quattro quesiti di interesse generale (si veda anche il Sole 24 Ore dell’11 ottobre scorso).

Il personale non qualificato

Il primo riguarda il trattamento dei costi relativi a personale non altamente qualificato, che svolge attività in totale autonomia di mezzi e organizzazione, ma dotato di specifiche competenze tecniche. L’Agenzia chiarisce che tali costi possono rientrare tra la ricerca commissionata, di cui alla lettera c) del comma 6 dell’articolo 3 del Dl 145/2013, relativa alla ricerca extra-muros, alle condizioni previste; ove non sia possibile rientrare nella ricerca commissionata per difetto dei presupposti, tali costi rientrano tra le competenze tecniche di cui alla lettera d). Dal 2017, stante l’unificazione dell’aliquota di agevolazione, tale distinzione è rilevante a causa dei differenti oneri documentali previsti per le varie tipologie di costi. Infine, l’Agenzia precisa che se il contribuente non è in grado di provare l’esistenza di un contratto di ricerca deve prudenzialmente considerare la spesa eleggibile quale «competenza tecnica» anziché «ricerca commissionata». In sintesi, il costo rientra:

nelle «competenze tecniche» (lett. d) del comma 6 dell’art. 3, Dl 145/2013), a condizione che i soggetti non dipendenti dall’impresa abbiano con la stessa un rapporto di collaborazione;

nella «ricerca commissionata» (lettera c), a condizione che ricorrano i presupposti previsti dalla norma, in particolare venga provata l’esistenza di un contratto di ricerca nella forma sostanziale e non meramente formale, come indicato nella circolare 13/2017, par. 4.3.1 .

Il personale qualificato

Una seconda domanda concerne la possibilità di calcolare il beneficio sui costi del personale dipendente altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato, che svolga attività di ricerca e sviluppo agevolabili. L’Agenzia ritiene che tali costi rientrino tra quelli ammissibili al credito d’imposta, ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera a). Sul punto, la circostanza che il contratto di apprendistato sia di tipo formativo non esclude che il personale impiegato possa apportare le proprie conoscenze e competenze tecnico-scientifiche all’attività di ricerca e sviluppo, e ciò a condizione che tale rapporto sia validamente costituibile ai sensi della vigente disciplina sul lavoro. Analoga soluzione era stata fornita con la risoluzione n. 55/E/2016, in relazione ai costi relativi a personale acquisito dall’impresa attraverso un contratto di somministrazione.

I servizi di regulatory affairs

La terza questione affronta le spese per i servizi di regulatory affairs offerti da terzi, finalizzati allo sviluppo, all’immissione in commercio e all’aggiornamento del dossier, che concernono i prodotti farmaceutici. L’Agenzia ha affermato l’ammissibilità di tali costi solo per la parte relativa alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno dello studio clinico. Qualora riguardino attività di natura burocratica, assimilabili ai «lavori amministrativi e legali necessari per richiedere brevetti e licenze», non potranno essere annoverati tra le attività di ricerca e sviluppo.

Il nodo-controlli

La quarta domanda si muove all’interno della disciplina finalizzata a prevenire possibili potenziali situazioni in cui – in dipendenza di vincoli azionari, contrattuali, o per effetto di fattori economici – il valore dell’attività di ricerca commissionata possa essere alterato dall’influenza di un’impresa sulle decisioni dell’altra, anche alla luce della definizione di controllo contenuta nell’articolo 2359, commi 1 e 2, del Codice civile (controllo di diritto, di fatto e per vincoli contrattuali, sia diretto che indiretto ed anche tramite persona fisica – circolare n. 5/2016). L’Agenzia ritiene che sia impossibile affrontare le molteplici ipotesi di potenziale conflitto di interessi, per cui il corretto inquadramento dipenderà dalle caratteristiche delle singole fattispecie. Nell’ambito dei controlli, occorrerà verificare che nei rapporti tra le imprese non sussistano influenze tali da alterare il reale costo di mercato della commessa e del beneficio ad essa collegato.

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