Imposte

Credito ricerca e sviluppo, beni intangibili anche in comproprietà

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di Stefano Mazzocchi

La possibilità che un bene (materiale o immateriale) sia detenuto contemporaneamente da più soggetti non è un caso così sporadico: anzi, pare stia diventando una tendenza sempre più frequente. Infatti nel mondo degli intangibili, capita molto spesso che gli esiti di ricerche o brevetti e più in generale dei diritti immateriali possano essere condivisi fra più imprese. I problemi che si pongono nella gestione degli intangibili condivisi sono molteplici, e vanno ad aggiungersi alle questioni di natura fiscale. In prima battuta giova ricordare che l’articolo 6 del Cpi (Codice proprietà industriale) rimanda - nel caso in cui non sia stato disciplinato diversamente – la gestione delle comproprietà dei beni immateriali alla disciplina della comunione. Questo implica che dal punto di vista civilistico un rimando a tale normativa ovvero a quanto contenuto negli articoli da 1100 a 1116 del Codice civile. Non sorprende invece che nulla sia disposto all’interno dei principi contabili nel caso in cui i comproprietari siano due imprese. Infatti una delle difficoltà maggiori nasce dal coordinamento fra norme civilistiche di valutazione dell’intangibile in comproprietà in bilancio e la corretta e idonea applicazione delle normative fiscali. Il punto di partenza di qualsiasi disamina non può che essere costituito dall’accordo esistente fra i due comproprietari nell’ambito della comunione del bene.

Le principali caratteristiche della comunione possono essere così sinteticamente riassunte:
a)i beni si presumono salvo diversi accordi di proprietà al 50% di ciascun titolare, con quote quindi identiche ex articolo 1101 del Codice civile;
b)ciascun contitolare può utilizzare il bene, sempreché non ne venga alterata la destinazione;
c)ogni soggetto può apportare a proprie spese le opportune modifiche per migliorane la fruibilità.

È necessario sottolineare che il comma 1-bis dell’articolo 6 del Cpi sopra richiamato, permette al comproprietario di svolgere senza previa autorizzazione alcune attività che producono un beneficio comune per tutti i comproprietari. La comproprietà di alcuni beni immateriali si rivela interessante soprattutto nell’ottica dell’agevolazione del patent box e/o del credito d’imposta per ricerca e sviluppo. Con la nuova modalità di autodeterminazione del patent box introdotta dal decreto crescita (convertito dalla legge 58/2019), non sfugge che anche i beni parzialmente di proprietà potrebbero avere una influenza rilevante sulla stessa agevolazione. Infatti la norma originaria (articolo 1 ,commi da 37 a 45, della legge 190/2014) e la circolare di riferimento (11/E del 2016) non fanno riferimento alla eventuale comproprietà dei beni immateriali che partecipino al patent box. Infatti per l’agevolazione in questione è rilevante che vi sia il diritto allo sfruttamento economico dell’intangibile e che questo sfruttamento porti «ad un valore dal quale derivano componenti positivi di reddito».

Relativamente invece al credito d’imposta per ricerca e sviluppo, nulla osta a che l’intangibile sia detenuto in comproprietà: in tal senso la circolare 5/E del 2016 nulla dice al riguardo, soprattutto nel paragrafo dedicato alle spese «per competenze tecniche e privative industriali». In maniera ancora più incisiva è stata affrontata la questione quando la stessa Agenzia (sempre nella circolare 5/E) ha argomentato sulla spettanza del credito in presenza di reti d’impresa e sui risultati ottenuti dalla rete stessa. Trattasi di una situazione che presenta forti somiglianze con il tema qui trattato poiché molto spesso la liquidazione della rete costituisce l’antefatto giuridico per la costituzione della comproprietà. Passando ora agli aspetti più pragmatici, è indubbio che ciascun proprietario sarà libero ed indipendente rispetto sia alla classificazione di bilancio da assegnare al bene, sia alla contabilizzazione degli oneri sostenuti. Non necessariamente, quindi, avremo una identica riproposizione degli elementi contabili riferibili all’intangibile. Resta invece un collegamento fra i comproprietari per quei costi indicati nell’articolo 6 del comma 1-bis del Cpi quando si sostengono e/o si anticipano talune spese anche per l’altro comproprietario. Tali costi anticipati se sostenuti anche nell’interesse dell’altro comproprietario dovranno essere riaddebitati senza possibilità di una eventuale capitalizzazione. Al fine di evitare inutili contenziosi fra le parti, potrebbe essere d’aiuto la redazione nonché l’approvazione di un regolamento che permetta di disciplinare tra esse in modo univoco ed unitario le spese necessarie e comuni per i comproprietari.

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