Controlli e liti

Creditore postergato con diritto di voto

di Claudio Ceradini

Più chiaro il trattamento dei crediti postergati nel concordato preventivo, dopo la sentenza della Corte di cassazione 16348 del 21 giugno . Due sono i profili rilevanti: la corretta collocazione nel piano e nella proposta ai creditori ed il diritto di voto in adunanza.

La Suprema Corte aveva già chiarito con la sentenza 2706/2009 che i crediti derivanti da finanziamenti eseguiti in presenza di uno squilibrio eccessivo tra indebitamento e patrimonio o di una situazione finanziaria, tale da rendere ragionevole un conferimento, postergati rispetto al soddisfacimento degli altri creditori in base all’articolo 2467, comma 2, del Codice Civile, devono confluire in una apposita classe. Questo perché tipizzati da un interesse economico disomogeneo, e devono anche essere destinatari di una proposta che ne condizioni la soddisfazione, anche parziale, a quella integrale di tutti gli altri creditori.

Il punto di distanza rispetto al precedente orientamento è la disponibilità del trattamento riservato ai postergati, che la sentenza del 2009 rimetteva alla decisione della maggioranza delle classi, e complessiva dei creditori. La Suprema Corte, sul punto, è drastica e nega che la gerarchia legale delle cause di prelazione, che la formazione delle classi non può alterare, sia profilo disponibile alle parti dell’accordo concordatario, cosicché la volontà dei creditori non può travalicare quella del legislatore e comprimere i diritti di coloro che partecipano al concorso. Potrebbe consentirlo dolo il consenso unanime, e non maggioritario, dei creditori chirografari.

Al creditore postergato spetta il diritto di voto, anche nella proposta concordataria che non gli offra, prevedibilmente, alcuna soddisfazione. In assenza di una norma specifica, quale l’articolo 177 della legge fallimentare, che non assegna il diritto di voto al creditore privilegiato integralmente soddisfatto, in ragione della sua indifferenza rispetto all’esito della procedura, al creditore postergato non può essere negato di esprimersi sulla proposta e sull’alternativa fallimentare. Non è irrilevante per lui valutare se il suo interesse possa essere meglio tutelato dalla proposta concordataria, che contenga ipoteticamente un intervento di finanza esterna, o dalle presumibili azioni restitutorie e risarcitorie esercitabili dal curatore.

Ne emerge un principio generale di diritto, che ammette l’inclusione in una classe ad hoc del creditore postergato e gli riconosce il diritto di voto, purché il trattamento riservatogli nella proposta non leda la gerarchia delle prelazioni e ne preveda un soddisfacimento posposto a quello integrale degli altri.

Il chiarimento del quadro di riferimento appare particolarmente utile, posto che con sentenza 16291 del 20 giugnola Corte di Cassazione ha aderito all’orientamento dottrinale che estende alle società per azioni a ristretta base azionaria la disciplina dell’articolo 2467 del Codice Civile.

È pur vero che l’estensione opera solo ove di fatto al socio sia consentito di ottenere le medesime informazioni di cui potrebbe disporre ai sensi dell’articolo 2476 del Codice Civile nella società a responsabilità limitata, e necessarie ad apprezzare lo squilibrio o la situazione finanziaria che determinano la postergazione, tuttavia è certo che il perimetro tende ad allargarsi e non a restringersi.

Cassazione, I° sezione civile, sentenza 16348 del 21 giugno 2018

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