Crisi d’impresa, rischi dall’abbassamento di soglie per l’allerta da parte di Inps e Fisco
Un anno di tempo per adeguare le srl ai nuovi obblighi in materia di sindaco o revisore. E poi netta contrarietà a qualsiasi ipotesi di reintroduzione del silenzio-assenso nei concordati e per un abbassamento delle soglie che faranno scattare il vincolo di segnalazione della crisi d’impresa da parte di Inps e Fisco. Sono queste le principali sollecitazioni che arrivano dall’audizione di Confindustria in commissione Giustizia alla Camera sulla riforma della Legge fallimentare.
Tra i nodi da sciogliere, c’è quello dei tempi entro i quali le circa 140.000 società a responsabilità limitata (secondo le stime di Banca d’Italia) dovranno procedere a dotarsi dell’organismo di controllo interno nella forma del sindaco oppure del revisore. Il testo attuale, che per la stragrande maggioranza delle norme più significativa ha previsto un’entrata in vigore dilazionata di 18 mesi, prevede invece un’esecutività pressoché immediata (30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del testo del decreto adesso all’esame delle commissioni parlamentari per i pareri) di questo vincolo. Da Confindustria arriva invece la richiesta di restituire un po’ di tempo e respiro a società soprattutto di modesta dimensione, rinviando al 1° gennaio 2020 l’adeguamento.
E, se sindaci e revisori potranno essere determinanti nel successo o meno di una delle più innovative previsioni della riforma, l’introduzione delle misure di allerta, un ruolo di primo piano lo giocheranno anche Inps e amministrazione finanziaria (compresi gli agenti della riscossione). Per Confindustria le soglie per le segnalazioni faticosamente messe a punto nella versione attuale del decreto vanno assolutamente conservate. Tanto più che già queste, secondo le stime dello stesso ministero della Giustizia potrebbero dare luogo ad almeno 15.000 segnalazioni all’anno.
Sul fronte del concordato preventivo e in materia di misure contro condotte opportunistiche, Confindustria mette in evidenza che lo schema di decreto conferma gli ultimi interventi normativi indirizzati a rafforzare i criteri di calcolo delle maggioranze necessarie all’approvazione delle proposte. In particolare, è stato eliminato il meccanismo del silenzio-assenso che, in un sistema in cui il voto è calcolato per crediti e non per teste, indeboliva la posizione dei creditori commerciali: «si tratta di un’innovazione che la riforma opportunamente conserva e che riteniamo vada salvaguardata».
Quanto al favore per il concordato in continuità, il richiamo al requisito occupazionale dovrebbe tradursi non in una presunzione assoluta, ma relativa, facendo leva sul criterio di delega che richiede una valutazione in concreto del piano. «In altre parole - osserva Confindustria -, dovrebbe spettare al giudice procedere a una valutazione complessiva per predicare la prevalenza della continuità aziendale, tenendo conto di profili quantitativi e funzionali. Peraltro, ciò sarebbe coerente con la previsione che restituisce proprio al giudice la valutazione sulla fattibilità economica del piano».