Giudici tributari in sciopero dal 19 al 23 settembre
La comunicazione è stata inviata martedì alla Commissione di garanzia. Per l'Associazione magistrati tributari la riforma non velocizza i processi
Giudici tributari in sciopero dal 19 al 23 settembre. Nella lettera inviata martedì alla presidenza del Consiglio, alla Commissione di garanzia per lo sciopero e al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria l’Amt (l’Associazione dei magistrati tributari) formalizza la decisione votata a giugno nel corso del congresso, alla vigilia della discussione parlamentare del disegno di legge, ribadita a inizio agosto subito dopo l’approvazione della riforma. Che, per altro, è stata promulgata dal presidente della Repubblica ma non è ancora stata pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale».
I giudici tributari si asterranno dalle attività giudiziarie, in particolare, «dalla partecipazione alle udienze pubbliche e dallo svolgimento di qualunque altro adempimento d’ufficio, nei seguenti termini temporali: da lunedì 19 settembre 2022 a venerdì 23 settembre 2022, tenuto conto che le udienze delle Commissioni tributarie differiscono da Commissione a Commissione e da sezione a sezione».
Nonostante gli sforzi fatti in Parlamento, che ha votato il disegno di legge in tempi record, cercando un compromesso rispetto alle istanze delle forze politiche e alle sollecitazioni delle componenti professionali, secondo l’Amt «tra le criticità segnalate e richieste avanzate, alcune non sono state sufficientemente valutate e accolte».
Il giudizio complessivo è severo. Per Daniela Gobbi si tratta di «una riforma inidonea a risolvere il problema della celerità dei processi tributari rilevata, per lo più, nel giudizio avanti alla Corte di cassazione. La violazione più grave dei principi in materia di giustizia è il mantenimento della dipendenza della struttura giudiziaria dal ministero dell’Economia e finanze, titolare sostanziale dell’interesse oggetto delle controversie tributarie».
Nonostante il cambio di nome della Commissioni in Corti di gistizia tributaria, resta centrale la questione dell’indipendenza del giudice. Secondo Amt, il ministero dell’Economia avrà maggiori «poteri di gestione dello status giuridico ed economico del personale giudicante e dei concorsi di reclutamento». I nuovi magistrati tributari saranno «dipendenti dello stesso ministero, cioè del dicastero che è il titolare degli interessi sostanziali del processo».
Se l’obiettivo è l’efficienza della risposta di giustizia, la riforma secondo Daniela Gobbi rischia di peggiorare la situazione. Ecco i conti dell’Associazione su quella che dovrebbe essere la situazione degli organici: «Dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2027 sulla base del Ruolo unico pubblicato dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, cesseranno dalle funzioni 1.100 giudici tributari rispetto agli attuali 2.490 giudici in servizio. Il previsto ingresso di 100 magistrati tributari provenienti dalle altre magistrature per dedicarsi a tempo pieno a quella tributaria, e l’ingresso di 100 nuovi magistrati tributari a seguito del primo concorso pubblico che sarà a breve bandito, non consentirà lo svolgimento della funzione giudiziaria nei tempi (brevi) richiesti dal Pnrr. L’entrata a regime del nuovo assetto richiede l’espletamento dell’ultimo concorso previsto per il 2030, vale a dire nell’arco di un decennio dall’entrata in vigore della legge».
I numeri crudi poi non dicono tutto. Vanno rilevate anche le difficoltà collegate alla cessazione da parte degli attuali magistrati e la perdita di esperienza in una materia difficile e mutevole.
Infine, per i magistrati tributari c’è anche un problema economico: il mancato risarcimento rispetto alle aspettative dei giudici che contavano di lavorare fino a 75 anni (e che magari avevano chiuso l’attività professionale) e l’abolizione dei premi per i magistrati più produttivi.