Imposte

Dal contribuente la prova del mancato servizio per lo sconto sulla Tari

Secondo la Cassazione, la riduzione è obbligatoria anche se non contemplata dal regolamento comunale

di Luigi Lovecchio

La riduzione della Tari per mancato svolgimento del servizio presuppone che la prova di tale presupposto sia data dal contribuente e non dal Comune. L’affermazione è contenuta nella sentenza 5433/2023 depositata il 21 febbraio dalla Corte di Cassazione.

La pronuncia ha ad oggetto le disposizioni della tassa rifiuti che prevedono delle riduzioni tariffarie in presenza di disservizi nella gestione dei rifiuti urbani. In particolare, in base all’articolo 1, comma 656, della legge 147/2013, la tassa è dovuta nella misura massima del 20% in caso di mancato svolgimento del servizio ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento. Il comma 657, inoltre, stabilisce che la tariffa non può essere superiore al 40% nelle zone non raggiunte dal servizio di raccolta. Tale ultima misura è peraltro graduabile, in funzione della distanza dal punto di raccolta più vicino.

Al riguardo, la Corte ha rilevato che, in entrambe le ipotesi, si è in presenza di un servizio pubblico regolarmente attivato a livello comunale, poiché questo costituisce il presupposto stesso di istituzione del tributo. Entrambe le riduzioni, inoltre, sono obbligatorie per legge e dunque trovano applicazione anche in difetto di una previsione del regolamento comunale.

Passando alla riduzione del 40%, la sentenza precisa ulteriormente che essa riguarda il caso non di singoli insediamenti, ma di intere zone dell’abitato non raggiunte dal servizio pubblico. Il presupposto della stessa, peraltro, non è la sussistenza di un eventuale inadempimento del Comune. La funzione della riduzione, infatti, non è di carattere risarcitorio, ma di riequilibrio economico, rispetto al maggiore onere e disagio sopportato dal contribuente per raggiungere il più vicino punto di raccolta.

Viene inoltre osservato che la graduazione di tale riduzione, entro il massimo di legge del 40%, deve essere fatta dal giudice, tenendo conto delle circostanze di fatto dedotte in giudizio (distanza dal cassonetto più vicino). In assenza di prova specifica, il giudice confermerà la misura massima del 40 per cento.

Sotto il profilo della ripartizione dell’onere probatorio, la Cassazione osserva che, trattandosi di agevolazioni, le stesse devono essere provate dal contribuente che le invoca. Né potrebbe opporsi, al riguardo, che non può essere data la prova di fatti negativi, poiché il fatto non avvenuto può comunque essere dimostrato mediante uno specifico fatto positivo contrario o attraverso presunzioni, ad esempio l’avvenuto sostenimento di spese da parte del contribuente per il trasporto dei rifiuti.

Si è tuttavia dell’avviso che questa regola di giudizio non sia conforme al principio, introdotto con la riforma del processo tributario, secondo cui la prova deve essere data, di regola, dall’ente impositore. Senza contare che, anche in forza del criterio della vicinanza della prova, è il Comune, al quale compete la titolarità del servizio di gestione dei rifiuti, ad avere una più agevole disponibilità dello specifico mezzo di prova.

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