Dall’Ires all’Iva le incognite del 2019
Il fisco archivia un buon 2018 e incassa 463,3 miliardi. Un risultato raggiunto senza aumenti della pressione fiscale, che resta ancora altissima (41,9%). L’andamento delle entrate tributarie riflette un quadro economico positivo, pur con i cedimenti della seconda parte del 2018, confermati ieri dall’Istat.
La crescita del gettito (+1,7%), insomma, non appare legata ad aumenti di tasse e tributi. Anzi, nel caso dell’Ires (l’imposta sul reddito delle società), il 2018 segna un arretramento consistente degli importi versati – con un risparmio di oltre 2,5 miliardi per le società – dovuto all’applicazione di misure introdotte dal precedente governo, tra cui la riduzione al 24% dell’aliquota di imposta (che nel 2018 ha dispiegato interamente i propri effetti) e la proroga dei benefici per gli investimenti in beni strumentali nuovi (superammortamento) e per industria 4.0 (iperammortamento). Come sappiamo, la legge di Bilancio ha sensibilmente limitato per il 2019 queste misure di vantaggio: non c’è stata nessuna proroga per il superammortamento e i benefici per l’iperammortamento sono stati rimodulati e ridotti (inoltre è venuta meno l’Ace, che premiava la capitalizzazione delle imprese). È probabile che la nuova agevolazione voluta dal governo giallo-verde, riduzione dell’Ires al 15% per chi incrementa l’occupazione e chi fa investimenti, non avrà l’effetto positivo che in passato hanno avuto le misure ora accantonate o depotenziate e appesantirà il conto fiscale per le imprese. Non esattamente una buona notizia, tanto che qualche dubbio emerge anche tra le fila del governo che in più di un’occasione ha dichiarato di voler accogliere le indicazioni delle imprese per una sensibile semplificazione dell’agevolazione.
L’altra “grande” imposta, l’Irpef, raccoglie un gettito di ben 187,5 miliardi (+2,8%), senza inasprimenti di aliquote o tagli alle detrazioni. E restituisce la fotografia di un andamento dinamico sia del mercato del lavoro (l’occupazione nel 2018 è cresciuta dello 0,9%) sia delle retribuzioni lorde (1,7%) sia dei redditi da lavoro dipendente (+3,3%), come segnala il dipartimento delle Finanze. Singolare è che questa crescita si accompagni al proliferare delle imposte sostitutive (cedolare affitti, forfait e altre), a riprova del fatto che l’imposta sulle persone fisiche è ormai diventata l’imposta sui dipendenti e sui pensionati.
L’Iva risente positivamente del buon andamento dei consumi, ma anche dell’ampliamento dello split payment. Meccanismo che fa probabilmente bene all’erario, ma non altrettanto ai contribuenti, costretti a subire un vero e proprio prestito forzoso nei confronti dello Stato. Infine, Irpef e Iva si confermano le imposte portanti: la prima vale il 40,5% del gettito complessivo (in crescita di mezzo punto); la seconda, il 28,8% (+0,4 punti). Singolare è che per entrambe si aprano, nel 2020, scenari imprevedibili, tra moduli di flat tax da ingegnerizzare e clausole di salvaguardia da rispettare.