Dalla società consortile il rimborso della quota non corrispettiva senza Iva
La risposta a interpello 2 qualifica come movimentazione finanziaria la restituzione dell’importo eccedente
Gli apporti del socio di una società consortile, siano essi finanziari o in natura, resi nell’ambito del contributo dovuto in base a un accordo, non configurano un rapporto sinallagmatico fra le parti. A chiarirlo è l’agenzia delle Entrate che con la risposta a interpello 2/2022, ha risposto a un contribuente, socio di una società consortile, a responsabilità limitata, senza fini di lucro.
Più in dettaglio, nell’accordo è previsto che il socio contribuisce in forma equivalente alle spese di funzionamento della società consortile mediante un contributo in natura, quantificandone al termine di ciascun esercizio l’ammontare effettivo, senza applicazione di mark-up. Qualora l’importo del contributo in natura sia superiore all’importo del contributo dovuto, ripartito pro-quota in base alle spese di funzionamento della società consortile, l’eccedenza deve essere rimborsata al socio. Il dubbio posto dall’istante era quello di verificare se questo rimborso fosse assoggettabile o meno a Iva.
Ebbene, l’Agenzia ha precisato dapprima che la società consortile a responsabilità limitata è comunque una società a tutti gli effetti e il fatto che sia «senza fini di lucro» non fa venir meno la sua soggettività Iva. Quanto poi al presupposto oggettivo, di norma le somme versate dai soci non configurano ipotesi impositive, in quanto non costituiscono il corrispettivo di specifiche prestazioni di servizi. Tuttavia, qualora i contributi fossero diretti a compensare determinati servizi resi ai soci dall’organismo associativo, sussiste il nesso sinallagmatico.
Ciò detto, nel caso esaminato, gli eventuali rimborsi resi dall’istante al socio, che ha fornito un contributo «in natura» eccedente quello dallo stesso ordinariamente dovuto è da considerarsi come mera movimentazione di denaro e, come tale, non soggetta a Iva.