I temi di NT+Modulo 24

Dati delle fatture trasmesse al Fisco, sì all’accertamento che rettifica i ricavi

Chance di accertamento quando non vi sono alternative. A volte, invece, questo metodo è stato impiegato per accertamenti non preceduti da invito documentale e in presenza di regolare dichiarazione

immagine non disponibile

di Alessandro Borgoglio

Ormai da tempo i soggetti Iva sono tenuti alla trasmissione dei dati delle fatture di acquisto e di vendita all’amministrazione finanziaria: in passato si parlava di elenchi clienti-fornitori e poi di spesometro (Dl 78/2010), ma oggi è la fattura elettronica ad assicurare al Fisco la conoscenza dei dati in esse contenuti.

A prescindere dalla denominazione, dalle modalità operative, dalla quantità di dati trasmessi (alcuni strumenti ne hanno previsti di più, altri di meno) e dai soggetti obbligati (nel corso degli anni è talvolta cambiata la platea di riferimento), il funzionamento del “meccanismo informativo” è sempre lo stesso: i soggetti Iva inviavano, con gli elenchi clienti-fornitori e con lo spesometro, i dati delle fatture emesse e ricevute a certe scadenze, mentre ora, con la fattura elettronica, trasmettono all’incirca i medesimi dati, ma solo con cadenza molto più ravvicinata.

Quel che si vuole5 comprendere in questa sede è se l’Amministrazione finanziaria possa utilizzare tali dati per ricostruire la posizione reddituale di un’impresa. È da tempo, infatti, che gli Uffici si avvalgono di queste informazioni per accertare le posizioni fiscali dei contribuenti, anche se, in genere, questo particolare modus operandi viene utilizzato quando non vi sono altre modalità accertative esperibili: si pensi, per esempio, al caso di un contribuente che, benché invitato a fornire la documentazione contabile obbligatoria, non abbia risposto all’invito, oppure di un soggetto che abbia omesso la presentazione della dichiarazione; talvolta, invece, tale procedura è stata impiegata anche per accertamenti non preceduti da invito documentale e pur in presenza di regolare dichiarazione.

Accertamento parziale con automatismo argomentativo

Probabilmente il primo punto fermo da porre al riguardo concerne la tipologia di accertamento utilizzabile con i dati in oggetto, ovvero si può esperire un accertamento parziale sulla base degli elenchi clienti-fornitori o dello spesometro o dei dati delle fatture elettroniche? Secondo la Suprema Corte:

• l’accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli articoli 38 e 39 del Dpr 600/1973 e 54 e 55 del Dpr 633/1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, potendo basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo, sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice di merito nella fase contenziosa (tra le tante: Cassazione 28681/2019, 18398/2020 e 16474/2021);

• la differenza qualitativa dell’accertamento parziale rispetto a quello ordinario non discende invero dalla particolare semplicità della segnalazione, potendo esso basarsi anche su una verifica generale (tra le tante, Cassazione 1150/2010, 17814/2016, 27788/2020), bensì dalla disponibilità, in capo all’Amministrazione finanziaria, di elementi (non necessariamente provenienti da segnalazione di soggetti a essa estranei, ben potendo derivare anche da fonti interne) idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie, senza richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento (appannaggio di accertamenti più complessi), valendosi di una sorta di automatismo argomentativo indotto da quelle fonti di conoscenza, per modo che il confezionamento dell’atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione senza necessità di ulteriore approfondimento (tra le tante, Cassazione 27323/2014, 2633/2016, 27788/2020).

L’accertamento esperito dall’Amministrazione finanziaria sulla base degli elenchi clienti-fornitori, piuttosto che sullo spesometro o i dati delle fatture elettroniche, si basa su elementi informativi già presenti in Anagrafe tributaria, che vengono utilizzati sic et simpliciter per ricostruire la posizione reddituale del contribuente.

Per la Cassazione, l’Amministrazione finanziaria può procedere, anche in via indiziaria, all’accertamento di maggiori ricavi in materia di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare: deve, pertanto, considerarsi legittimo l’accertamento effettuato sulla base dell’elenco clienti e del giro d’affari degli stessi (Cassazione 8886/2007).

Inversione dell’onere della prova sul contribuente

Per quanto concerne, in particolare, gli elenchi clienti-fornitori, con la Cassazione penale 16454/2017, è stato stabilito che l’elenco dei clienti e fornitori (soprattutto se proveniente da imprese diverse da quella oggetto di verifica) costituisce documento che legittima l’inversione dell’onere della prova a carico dell’evasore totale, essendo contrario alla logica ipotizzare che imprese, tutte diverse tra loro, possano aver indicato costi e ricavi inesistenti relativamente proprio all’identico cliente/fornitore.

Mentre nell’ultimo caso sopra illustrato si trattava di evasore totale e, quindi, evidentemente di soggetto che non aveva presentato la dichiarazione né tenuto la contabilità, con la recente Cassazione 771/2022 la Suprema corte è pervenuta alle medesime conclusioni, ma in relazione al caso di una Snc, che aveva presentato la dichiarazione dei redditi e poi subìto il furto e il danneggiamento della documentazione contabile e, quindi, non era più in grado di contrastare le risultanze degli elenchi clienti-fornitori che aveva utilizzato il Fisco in sede di accertamento parziale ex articolo 41-bis del Dpr 600/1973 e 54 del Dpr 633/1972.

A fronte delle lagnanze della società, per cui i risultati degli elenchi clienti-fornitori non sarebbero stati sufficienti a integrare una presunzione da porre a fondamento dell’accertamento parziale, la Cassazione ha stabilito, invece, che l’Amministrazione finanziaria può determinare il maggior reddito accertabile sulla base degli elenchi clienti-fornitori, in assenza di indici univoci di frammentarietà, contraddittorietà o incompletezza dei dati recuperati, poiché la valenza indiziaria delle risultanze emergenti da tali elenchi non può essere inficiata né attenuata a beneficio dei contribuenti.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore. Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24