Controlli e liti

Dati senza benestare del Garante: lievita il rischio presunzioni fiscali

Le conseguenze del Dl 139: l’interesse generale della lotta all'evasione non può diventare una scorciatoia

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Le novità introdotte in materia di privacy dal decreto legge 139/2021, in vigore dallo scorso 9 ottobre, renderanno più incisiva la lotta all’evasione. L’amministrazione finanziaria potrà infatti utilizzare i dati per l’esercizio dei propri poteri senza gli attuali vincoli posti a garanzia della tutela dei dati personali. Ma vediamo in concreto portata e possibili conseguenze delle nuove norme.

La disposizione prevede che per un’amministrazione pubblica (per esempio, le agenzie fiscali) o una società a controllo pubblico (per esempio, Sogei, Sose eccetera) è sempre consentito il trattamento dei dati personali se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti.

Al riguardo occorre considerare che, attualmente, è già nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria un’enorme mole di dati e informazioni, ma talvolta sussistono alcuni limiti al loro utilizzo. Ad esempio, alcuni possono essere conservati solo per un determinato arco temporale, altri possono essere utilizzati solo per specifiche finalità.

In ogni caso, ogni volta che occorre prevedere l’acquisizione, la custodia e l’utilizzo di dati “privati” dei contribuenti, l’Agenzia è tenuta a richiedere un parere al Garante della privacy specificando esattamente in via preventiva, l’utilizzo e il tempo di conservazione. Ad esempio, per il bonus vacanze, il garante (parere n.9367375/2020) ha ritenuto i relativi dati di «un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche» e in tale contesto, l’agenzia delle Entrate si era obbligata a utilizzarli solo per il controllo del bonus vacanze. In concreto, quindi, gli Uffici, al momento, non possono utilizzare tali informazioni (struttura alberghiera scelta, periodo di fruizione eccetera) se non per la verifica della corretta spettanza del credito. Ancora, per la lotteria degli scontrini, il provvedimento dell’Agenzia che ha ottenuto il benestare del Garante della privacy, prevedeva l’utilizzo dei dati raccolti esclusivamente ai fini della lotteria. Si pensi ancora alle informazioni desumibili dalla fatturazione elettronica, dal cashback.

In conseguenza della nuova norma il trattamento di tutte queste informazioni cambierà radicalmente stante la possibilità di utilizzarle per «l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri». Si tratta, a ben vedere, dei limiti della convivenza del diritto alla privacy rispetto alla lotta all’evasione. È indubbio che quest’ultima debba essere prioritaria per le conseguenze economiche, sociali e di deterrenza che conseguono a un corretto assolvimento degli obblighi fiscali, tuttavia si impongono alcune riflessioni.

Innanzitutto, occorre considerare che molti contribuenti pretendono la riservatezza sui loro dati non per sfuggire al fisco ma perché tengono alla loro privacy e non vogliono che determinate informazioni siano alla mercé dell’ente impositore (che, in ultima analisi, vuol dire una platea di decine di migliaia di addetti ai controlli di agenzie e enti locali, enti della riscossione).

Esiste poi un problema di utilizzazione dei dati: il rischio non è la verifica della sostenibilità delle spese rilevate con la lotteria degli scontrini o con il bonus vacanze, rispetto al reddito dichiarato, ma se questa spesa viene posta presuntivamente a base di una rettifica per la ricostruzione del reddito dell’interessato. In altre parole, se il soggiorno in un hotel più o meno di lusso o l’acquisto di un particolare televisore, diventa poi indizio per ipotizzare un determinato tenore di vita e quindi presumere un reddito da tassare. Gli uffici infatti sono legittimati ad accertare i redditi anche sulla base di presunzioni, spesso prive di gravità, precisione e concordanza. Non esiste cioè un obbligo di prova diretta e concreta di evasione.

Un’ultima riflessione. Sono decenni che puntualmente viene individuato uno strumento/potestà incredibilmente decisivo per sconfiggere l’evasione e che ben giustifica la riduzione dei diritti dei contribuenti (si pensi soltanto a quanto è stato al tempo dichiarato per giustificare l’introduzione del redditometro, dell’anagrafe dei conti, della fatturazione elettronica). Puntualmente, invece, a distanza di anni si riscontra che l’evasione non è diminuita e quindi la riduzione dei diritti patita dagli interessati è risultata inutile.

Potrebbe forse essere utile, prima di introdurre nuove potestà, verificare se quelle già esistenti siano sfruttate al meglio posto che da anni l’amministrazione dispone (a parte gli impedimenti della privacy, ora rimossi) di informazioni e poteri che non hanno pari in nessuna amministrazione fiscale di altri Stati.

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