Imposte

Debutto con fattura per la nuova Iva sui servizi digitali

di Roberta De Pirro e Cristina Seregni

Debutto con fattura per le nuove regole sul commercio digitale di prodotti editoriali, musicali e cinematografici in Italia. Rischia infatti di rimanere in vita in Italia, anche dopo l'entrata in vigore delle nuove regole di territorialità dal 1° gennaio 2015, l'onere della fatturazione per gli operatori di telecomunicazione, teleradiodiffusione e di servizi digitali per i servizi da questi resi a privati consumatori stabiliti in Italia.
Nel corso dell'ultimo decennio le imprese hanno fatto sempre più spesso ricorso alla rete per la commercializzazione sia di prodotti «tangibili» sia di «servizi digitali» e, sempre crescente è la propensione dei consumatori ad acquistare applicazioni software, musica o video on line o di leggere di quotidiani in formato digitale.
A tale rapida evoluzione tecnologica non ha però fatto seguito l'alleggerimento degli oneri amministrativi di natura fiscale posti a carico degli operatori economici, soprattutto per quel che attiene all'obbligo della certificazione fiscale delle operazioni.
Ad oggi, infatti, solo le transazioni inerenti il commercio elettronico indiretto beneficiano dell'esenzione dell'obbligo di emissione della fattura previsto dall'articolo 22 del Dpr 633/72. Di tale regime di esenzione non godono, invece, le vendite di servizi digitali, per le quali è previsto l'obbligo di emettere la fattura, con la conseguente richiesta di una serie di informazioni ai clienti, come ad esempio il codice fiscale, che, a detta degli esperti di marketing, inibisce fortemente il consumatore dalla conclusione delle operazioni di acquisto.
Tale discrepanza normativa - sicuramente dovuta ad un mancato aggiornamento della norma sugli esoneri dall'obbligo di fatturazione - potrebbe però penalizzare lo sviluppo del commercio elettronico diretto rispetto a quanto avviene negli altri Paesi Ue, ove nella maggior parte dei casi l'emissione della fattura per le vendite a privati non è richiesta. Inoltre tale adempimento crea una disparità di trattamento tra i prestatori di servizi nell'ambito del commercio elettronico diretto, tenuti in Italia ad emettere fattura, rispetto a coloro che vendono beni tramite il canale digitale, per i quali invece tale obbligo non sussiste.
Appare, infatti, evidente come tale adempimento rappresenti un onere amministrativo che non risponde ad esigenze di documentazione fiscale particolari per il settore: si tratta infatti spesso di transazioni di modico valore se non addirittura esiguo, compiute innumerevoli volte, per le quali l'operatore non può che avvalersi di sistemi informatici molto evoluti che tengono traccia di tutte le transazioni effettuate, consentendo, anche in assenza di un documento fiscale con le caratteristiche di una fattura, il controllo delle operazioni da parte degli organi preposti.
Senza considerare che l'obbligo di emettere la fattura da parte degli operatori comporta anche per essi una serie di ingiustificati oneri di carattere amministrativo e gestionale collegati all'emissione, registrazione ed archiviazione della fattura.
Per ovviare a tale limite si era espressa anche la Commissione europea nella sua Relazione al Consiglio del 26 giugno 2014 raccomandando agli Stati membri di non richiedere l'emissione di una fattura per le operazioni rese nei confronti di privati così da semplificare la conformità alle nuove regole sulla territorialità da parte degli operatori economici interessati, favorendo altresì l'utilizzo del mini sportello per gli adempimenti Iva (cosiddetto Moss).
Per rispondere a tale raccomandazione nel mese di agosto è stata presentata in Parlamento una proposta di legge di modifica dell'articolo 22 del Dpr 633/72, al fine di ricomprendere tra le ipotesi di esenzione dall'emissione della fattura anche le transazioni relative ai servizi digitali quando rese a consumatori privati.
Ad oggi, però, tale legge non ha ancora visto la luce, e si rischia quindi un eccesso di formalismo italiano.

Saspi – Crowe Horwath

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