Controlli e liti

Decreto fisco-lavoro, stretta sull’impugnazione della notifica di ruoli e cartelle

Diventa impossibile ricorrere contro l’estratto di ruolo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’estratto di ruolo non sarà più impugnabile; ruolo e cartella invece, si potranno impugnare per vizi di notifica solo in determinate circostanze. È quanto prevede l’emendamento alla legge di conversione del decreto legge 146/2021 approvato martedì 30 novembre.

Così, per evitare un fermo, un’ipoteca, un pignoramento per un debito di cui non si è mai ricevuta la cartella, occorrerà attendere l’eventuale preavviso della misura cautelare o esecutiva e sperare che la competente Commissione tributaria o Tribunale decida in tempi brevissimi. Considerato il carico di lavoro di giudici tributari e civili il rischio di cagionare danni ai contribuenti interessati è molto elevato.

La nuova norma

Viene introdotto un comma all’articolo 12 del Dpr 602/1973 (formazione e contenuto dei ruoli), contenente due previsioni: 1) l’estratto di ruolo non è impugnabile; 2) il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata possono essere direttamente impugnati solo in tre casi: pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, blocco di pagamenti da parte della Pa; perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

Le conseguenze

Sinora grazie ad una consolidata giurisprudenza di legittimità anche a Sezioni unite, il contribuente che viene a conoscenza di iscrizioni a ruolo (di cui assume non averne mai avuta notifica) può impugnare l’estratto di ruolo (documento informatico contenente gli elementi del ruolo reso esecutivo dall’ente creditore trasfusi nella cartella). Così “neutralizza” la pretesa ritenuta ingiusta (pagamento di una somma per la quale nulla gli è stato notificato) ancor prima che subisca un danno concreto (fermo auto, ipoteca eccetera)

Con la nuova norma, l’estratto di ruolo non è più impugnabile. In ipotesi di invalidità della notifica si potranno impugnare il ruolo e la cartella soltanto nelle tre citate circostanze. In tutti gli altri casi (molti dei quali possono riguardare violazioni stradali, tributi locali ecc.) sarà di fatto impugnabile solo il primo atto con cui si manifesta la misura cautelare o esecutiva. In concreto, però, i tempi per l’impugnazione dell’atto, la costituzione in giudizio dell’agente della riscossione e soprattutto i tempi di giacenza dei procedimenti presso Commissioni tributarie e Tribunali, non consentono una tempestiva trattazione delle controversie: i contribuenti rischiano la misura cautelare prima del pronunciamento del giudice.

Peraltro, molte Commissioni sono restie a sospendere in via d’urgenza tali atti. In alcune le udienze di sospensiva vengono raramente fissate nei termini (ordinatori) previsti, se non addirittura ignorate.

La riforma del contenzioso

La nuova norma (ancorché limitata esclusivamente all’estratto di ruolo) era stata proposta dall’amministrazione nei lavori della commissione interministeriale per la riforma del contenzioso tributario. Appare singolare che tra tutte le proposte della commissione, il vero problema del contenzioso sia ora l’impugnabilità dell’estratto di ruolo con il conseguente urgente inserimento della norma nel Dl 146/2021, mentre le altre proposte di riforma non hanno avuto alcun seguito.

Il carico dei giudici

L’attuazione della nuova norma dovrebbe comportare una diminuzione dei ricorsi (contro l’estratto di ruolo), ma richiederà tempi brevissimi di decisione da parte dei giudici aditi. Vi è da sperare che Commissioni e Tribunali riescano a organizzarsi di conseguenza onde evitare evidenti danni agli interessati.

Le spese legali.

Con l’auspicio che ora i giudici tributari condannino anche enti impositori e della riscossione alla refusione delle spese legali almeno nella misura in cui normalmente condannano i contribuenti, si segnala che, con altro emendamento, viene previsto, in caso di condanna dell’agente della riscossione, l’impossibilità di intraprendere azioni esecutive nei suoi confronti, se non siano trascorsi almeno 120 giorni dalla formale richiesta. Il dubbio che questi due emendamenti siano soltanto finalizzati a favorire (ulteriormente) una parte processuale a danno dei contribuenti pare fondato.

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