I derivati speculativi dell’area D non rilevano ai fini Irap
Gli effetti della risposta 121/2020: voci dell’area finanziaria fuori imponibile per le società industriali
Dai bilanci 2016 le imprese che stipulano contratti finanziari derivati applicano le regole di valutazione contenute nell’articolo 2426 n. 11-bis) del Codice civile.
I derivati sono di copertura quando proteggono dal rischio dell’attività sottostante in presenza, fin dall’inizio, di stretta e documentata correlazione fra il derivato e il sottostante.
Questi strumenti sono iscritti in bilancio al fair value con imputazione delle variazioni nel conto economico, oppure direttamente in una riserva positiva o negativa di patrimonio netto in caso di copertura del rischio di variazione di flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata.
Pertanto, sono due le tipologie di coperture, di fair value e di flussi finanziari: le prime comportano l’imputazione delle variazioni nel conto economico, mentre le altre nel patrimonio netto e rifluiscono nel conto economico quando l’operazione si realizza.
Inoltre, i derivati possono essere stipulati senza finalità di copertura oppure, anche se stipulati con finalità di copertura, l’impresa può decidere di classificarli diversamente considerandoli “gestionalmente” di copertura ma “contabilmente” non di copertura per evitare la tenuta della onerosa documentazione richiesta dalla legge: in tali casi le variazioni di fair value sono imputate nella parte finanziaria del conto economico, costituita dalle voci della classe D (voci D18.d e D19.d).
L’Oic ha precisato (Emendamento 2017) che anche le componenti realizzative dei derivati non di copertura sono iscritte nelle voci D18.d) e D.19.d): ne consegue che in queste voci sono iscritte sia variazioni di fair value sia utili/perdite rilevate al momento dell’eliminazione contabile.
Sono regole che, per il principio di derivazione rafforzata contenuto nell’articolo 83 del Tuir, riverberano effetti anche dal punto di vista fiscale, con applicazione dell’articolo 112 del Tuir: fanno eccezione le micro-imprese che, per l’articolo 2435-ter) del Codice civile, non applicano il numero 11-bis) dell’articolo 2426.
Per queste imprese, il principio contabile Oic 32 «Strumenti finanziari derivati» precisa che se i derivati sono in perdita e ricorrono le condizioni di cui all’Oic 31 la società rileva un fondo rischi e oneri. Fiscalmente i componenti negativi non possono essere superiori alla differenza tra il valore del contratto o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell’esercizio precedente e il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio (articolo 112, comma 3, del Tuir).
Se una micro impresa, che ha stipulato derivati, dovesse superare i limiti previsti per questa tipologia di società, dovrebbe poi applicare l’articolo 2426 n. 11 bis) e l’Oic 32 (comprese le disposizioni di prima applicazione). In tal caso i derivati ricadrebbero nella casistica illustrata e, se non di copertura, le variazioni di fair value sarebbero iscritte nell’area finanziaria D del conto economico, voci D18.d) e D19.d).
Ciò che non convince nella risposta 121/2020 delle Entrate sono le considerazioni sotto il profilo Irap, partendo dall’assunto che le regole contabili sopra citate dovrebbero essere ormai assimilate. Posto, quindi, che si sia in presenza di derivati non di copertura, occorre considerare che dal punto di vista Irap l’istante non è una holding industriale, bensì una società di capitali che determina la sua base imponibile in base all’articolo 5 del del Dlgs 446/97. Il combinato disposto dei commi 1 e 5 dell’articolo 5 comporta che le componenti dell’area D non rientrino nella base imponibile. Sotto questo profilo, pertanto, la risposta non sembra corretta. A differenti conclusioni, ma per soggetti che non si qualifichino come microimprese, si perviene nel caso di un derivato stipulato per coprire la variazione di prezzo di un’attività iscritta nello stato patrimoniale, per esempio il magazzino. In tal caso la valutazione “simmetrica” (= corrispondente), richiesta dal Codice civile, del derivato e dell’oggetto coperto (il magazzino) impone l’iscrizione del magazzino al fair value, la cui variazione confluisce nei costi della produzione. In quel caso quindi l’elemento rientrerebbe nei costi della produzione rilevanti ai fini Irap.