Controlli e liti

Detassati al 95% i dividendi distribuiti dalla controllata svizzera

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di Roberto Bianchi

I dividendi distribuiti da una società controllata elvetica a favore di una società di capitali italiana, beneficiano della detassazione nella misura del 95%, in attuazione del comma 3, articolo 89 del Dpr 917/86, a condizione che la controllata svizzera comprovi di avere optato per il regime fiscale ordinario. Al verificarsi di tale condizione, pertanto, la società localizzata nella Confederazione Elvetica si considera espunta dalla black list.
Ad affermare tutto ciò è la Ctp di Novara attraverso la sentenza 145/01/2017, depositata in segreteria il 6/07/2017. I giudici novaresi hanno pertanto annullato un avviso di accertamento afferente alla distribuzione di dividendi derivanti da società localizzate in Svizzera.
La Confederazione Elvetica, in riferimento ai paradisi fiscali, rientrava all'interno di quel coacervo di Stati che vengono considerati tali esclusivamente in riferimento a determinate tipologie di società e, in particolare, quelle non soggette alle imposte cantonali e municipali. Di conseguenza, la documentazione della corresponsione di tali tributi costituisce la prova della circostanza che non sono state intrattenute relazioni con alcuna società inserita all’interno dell’elenco di quegli enti domiciliati nei paesi ritenuti black list.
La distribuzione di dividendi provenienti da società che corrispondono regolarmente i tributi cantonali e municipali nella confederazione, pertanto, vengono ricomprese nella sfera di detassazione del 95% dei dividendi percepiti da una società di capitali. Considerazioni similari rilevano anche nella prospettiva della deducibilità di costi discendenti da società elvetiche. In tale ambito, nella sentenza n. 530/04/2016 della CTP di Varese, si può riscontrare come la disciplina afferente gli Stati a fiscalità privilegiata coinvolga esclusivamente le società non assoggettate alla fiscalità cantonale e municipale, come le società holding, ausiliarie e di domicilio. Perciò le operazioni con la Confederazione Elvetica risultano assoggettate alla disciplina black list contenuta nell’articolo 110 co. 10 e seguenti, esclusivamente in presenza di operazioni realizzate con soggetti che non sono tenuti a corrispondere i menzionati tributi e pertanto non è possibile attribuire funzione puramente elusiva alla decisione di un gruppo di far optare le società elvetiche per il regime di fiscalità ordinaria, in quanto finalizzata a trarre un indebito vantaggio fiscale (arbitraggio fiscale).
I contribuenti hanno perciò titolo per perseguire legittimamente qualsivoglia forma di pianificazione fiscale nell’esercizio della loro autonomia negoziale e di impresa al fine di scegliere, tra più alternative possibili, quella che conduce a un minor onere tributario.
Anche la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha affermato (sentenza Cadbury Schweppes) che la ricerca del risparmio fiscale mediante l’insediamento di strutture societarie in Stati membri che adottano un regime tributario favorevole, non costituisce di per sé un comportamento illecito e scorretto.
Pertanto, avendo altresì riguardo alla strategia finanziaria del gruppo, la scelta di rinunciare a coltivare la richiesta delle società svizzere di rinnovo del regime di esenzione dalle tasse locali è legittima e trasparente e pertanto non può di per sé comportare né l’irrilevanza di tale scelta, né la violazione del principio della giusta ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati e, quant’anche si voglia fare riferimento alle risoluzioni dell’agenzia delle Entrate in materia di rapporto esistente tra black list e ruling in pejus, deve rilevarsi come la n. 288/E/2007 attribuisca valore agli atti dichiarativi dell’Amministrazione estera che certifichino il difetto delle condizioni per usufruire di un miglior regime fiscale.
Infine, nel rispetto dei criteri applicativi elaborati dall’Ufficio sulla vicenda (circolare 51/E/2010), conformi al principio per il quale rimane a carico del contribuente l’onere probatorio delle esenzioni o agevolazioni impositive, la società conduit è tenuta a documentare adeguatamente di volta in volta la provenienza degli utili i quali, in mancanza di tale prova, devono ritenersi distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza black list. Orbene, essendo onere probatorio della ricorrente dimostrare se nel contestato dividendo vi fossero utili provenienti dalle società collegate svizzere generati in regime di fiscalità privilegiata, i giudici novaresi hanno ritenuto che tale incombente istruttorio sia stato assolto compiutamente.

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