Controlli e liti

Detrazione Iva entro il dovuto per l’errore nella fattura

Resta la linea dura seguita dalla Cassazione nel caso dell’indicazione di un’aliquota più elevata rispetto a quella spettante

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Detrazione ammessa nei limiti del dovuto in caso di errata fatturazione con aliquota Iva più alta rispetto a quella effettiva. Continua la linea dura della Cassazione in riferimento all’interpretazione della norma dell’articolo 6, comma 6, Dlgs 471/1997. Con l’ordinanza 32900/2022, arriva l’ulteriore conferma di quanto i giudici di legittimità avevano già affermato lo scorso marzo (sentenza 8589/2022): in caso di detrazione indebita perché operata in misura superiore a quella dovuta per l’operazione posta in essere, la norma dell’articolo 6, comma 6, va interpretato nel senso che si applica un regime sanzionatorio più mite (sanzione fissa compresa fra 250 euro e 10mila euro in luogo di quella proporzionale del 90% dell’imposta), riconoscendo il diritto alla detrazione nei limiti del dovuto e non per l’intero ammontare versato.

La Corte di Cassazione sembra sempre più convinta di questa linea interpretativa, relegando l’articolo 6, comma 6, a un ruolo meramente sanzionatorio, tradendo di fatto lo spirito della legge e violando i principi garantiti sul piano del diritto unionale di neutralità, proporzionalità ed effettività dell’imposta.

Nel testo della pronuncia in commento, si legge infatti che, in presenza di un’operazione erroneamente assoggettata ad Iva, per la misura non dovuta (20% in luogo di 10%), sono privi di fondamento:

1. il pagamento dell’imposta da parte del cedente (il quale può chiedere all’Amministrazione il rimborso di quanto versato in eccesso);

2. la rivalsa effettuata dal cedente nei confronti del cessionario (quest’ultimo potrebbe chiedere al primo la restituzione dell’imposta pagata in rivalsa);

3 la detrazione effettuata dal cessionario nella sua dichiarazione Iva, con conseguente potere/dovere dell’Amministrazione di provvedere al suo recupero.

Il ragionamento della Corte, tuttavia, continua a destare perplessità. Innanzitutto, non si può non evidenziare come via via il suo orientamento sul tema sia diventato sempre più restrittivo. Dapprima con le sentenze n. 24289/2020 e n. 10439/2021, ritiene che la norma dell’articolo 6, comma 6, sia applicabile solo in presenza di operazioni imponibili qualora sia stata corrisposta l’Iva in base ad un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche con riferimento alle ipotesi di operazioni non imponibili per le quali l’Iva non doveva essere applicata, in quanto esente, non imponibile o fuori campo. Successivamente, anche con riferimento alle operazioni fatturate con Iva in eccesso, considera illegittima la detrazione per la parte di Iva eccedente. Ma in tal modo la norma sembrerebbe esautorata di ogni efficacia. Al contrario, non si può considerare la natura procedurale della norma, che avrebbe dovuto enormemente semplificare la procedura di recupero dell’imposta “cristallizzando” le posizioni di credito/debito nei confronti dell’Erario (si veda il principio di interpretazione n. 2 del Comitato Iva del Sole 24 Ore).

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