Controlli e liti

Dichiarazione sempre rettificabile

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di Roberto Bianchi

Il contribuente, nei tempi concessi dall’articolo 43 del Dpr 600/1973, conserva la facoltà di rettificare la dichiarazione anche se viziata da errori od omissioni, oltre al diritto di vedersi riconoscere il maggior credito generatosi in conseguenza all’inserimento dei dati rettificati nel modello dichiarativo. Questi risultano essere i postulati diffusi dalla prima sezione della Ctp Lodi attraverso la sentenza n. 5/I/17.

Un contribuente impugnava il silenzio rifiuto generatosi sulle istanze di rimborso Irpef e imposte regionali imputabili a eccedenze di versamento di una Snc di cui deteneva il 50% del capitale. I richiamati residui creditori si erano generati attraverso la presentazione, nel 2015, di due integrative a favore, per le annualità 2011 e 2012, per mezzo delle quali l’ente comunicava alle Entrate di aver beneficiato di deduzioni aggiuntive. Per effetto delle rettifiche il reddito della Snc da imputare per trasparenza ai soci risultava inferiore e, tale differenza, dava diritto ai comparenti di richiederne il rimborso in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili societari.

Nella costituzione in giudizio, l’amministrazione finanziaria asseriva che nella dichiarazione integrativa fosse possibile evidenziare esclusivamente maggiori redditi (integrativa a sfavore) o correggere unicamente errori materiali di compilazione. La Ctp, in forza degli interventi normativi che hanno riformulato l’articolo 2 del Dpr 322/1998, ha accolto il ricorso del contribuente disponendo il rimborso degli importi versati dai soci in eccesso, ritenendo valide ed efficaci le rettifiche eseguite sulle dichiarazioni dei redditi 2011 e 2012 e, di conseguenza, dovuto il rimborso richiesto dal contribuente.

Il Dl 193/2016 ha agito sul testo dell’articolo 2 del Dpr 322/1998 confermando il convincimento secondo il quale l’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998 raffigura la disciplina di riferimento in materia di dichiarazioni integrative, che possono essere inviate all’amministrazione a prescindere dall’emersione di nuovi elementi favorevoli o sfavorevoli, entro i termini di decadenza dell’azione accertativa.

Il primo periodo del comma 8-bis non risulta variato rispetto al testo previgente e, di conseguenza, se la dichiarazione integrativa a favore viene inoltrata entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo, il credito emergente può essere immediatamente utilizzato in compensazione. Ma la vera novità è individuabile nelle nuova formulazione della seconda parte comma 8-bis il quale, in ipotesi di errori contabili riconducibili alla competenza temporale, sancisce che il credito scaturente dalla dichiarazione integrativa a favore, presentata entro i termini previsti dal comma 8, può essere immediatamente utilizzato in compensazione, senza la necessità di dover osservare alcuna limitazione temporale, superando di fatto la “procedura” introdotta dall’Ufficio mediante la circolare 31/E/2013.

Al contrario, le limitazioni temporali si manifestano invece in tutti gli altri casi in cui la dichiarazione integrativa a favore venga inoltrata oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo in quanto, in tale circostanza, la compensazione potrà concernere esclusivamente «i debiti maturati a partire dal periodo di imposta successivo a quello di presentazione della dichiarazione integrativa».

Infine, l’articolo 1, comma 640, della legge 190/2014 dispone – sia nella circostanza in cui il contribuente provveda a integrare a suo sfavore la dichiarazione originaria e sia nel caso opposto – che i termini di decadenza dell’azione di accertamento ex articolo 43 del Dpr 600/1973, devono essere conteggiati a far data dall’anno di presentazione della dichiarazione integrativa. Tuttavia la riapertura dei termini può fare riferimento ai “soli” elementi oggetto di integrazione nella dichiarazione.

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