Dogana, le royalties non maggiorano l’imponibile Iva
Anche a seguito di accertamento relativo alle royalties, l’Iva corrisposta con l’inversione contabile non può essere nuovamente richiesta dall’autorità doganale quale tributo di importazione, trattandosi sempre e comunque di imposta interna a prescindere dalle modalità di riscossione. Questo è uno dei principi della sentenza 8473/2018 con cui la Cassazione affronta per la prima volta il tema delle royalties in dogana.
La materia del contendere è incentrata sul fatto che il pagamento effettuato da un importatore a un licenziante (titolare di un marchio) diverso dal venditore delle merci sia o meno rilevante ai fini della maggiorazione della base imponibile doganale. Se, sulla base di taluni indicatori fattuali introdotti da certa prassi comunitaria, si ravvisa un potere «di costrizione e di orientamento» del primo sul secondo, allora i due soggetti sono legati, la compravendita è condizionata e i dazi sono dovuti; viceversa, se tale potere non si ravvisa, allora la compravendita non è condizionata dal pagamento delle royalties che, pertanto, non formano imponibile in dogana.
La materia è rimessa al libero apprezzamento di importatori, verificatori e organi giudicanti e ha determinato, almeno in Italia, profonda incertezza. Gli indicatori generici non rilevanti, ai fini del dazio, in caso di attività di mero controllo di qualità riservato a un licenziante, hanno esposto il mercato ad applicazioni ondivaghe, con effetti dirompenti per le imprese coinvolte.
A ciò si aggiunga il tema dell’Iva. L’aumento della base imponibile doganale rende applicabile un maggiore dazio e una maggiore Iva; tuttavia, nel caso di licenzianti residenti o no, le fatture di prestazione di servizi sono già assoggettate a Iva, in reverse charge o in rivalsa. Di contro, la posizione della dogana, nonostante le decisioni della Corte Ue (causa C-272/13), è sempre stata nel senso di ripetere la pretesa Iva.
La Cassazione accoglie con rinvio il ricorso dell’autorità doganale, stabilendo però un principio fondamentale in materia di Iva. Sull’assoggettabilità a dazio delle royalties la Corte stabilisce un principio solo parziale. Viene infatti considerato un solo indicatore – la scelta del produttore operata dal licenziante – che non assolve alla posizione consolidata della Corte Ue e della Commissione che chiede che gli indicatori di orientamento e controllo devono essere molteplici e al di là del mero controllo di qualità. La decisione non pare dunque risolvere i molteplici casi analoghi oggi al vaglio dei giudici.
Sull’Iva, invece, la decisione è di interesse in quanto è individuato che, in quanto assolta con il sistema dell’inversione contabile sulle fatture emesse da commissionari extra Ue, l’Iva non può essere richiesta nuovamente dalle dogane. Del resto, tale principio è già prassi in materia di depositi Iva o di lavorazioni svolte all’estero e sarebbe utile che l’autorità doganale consentisse alle imprese, tecnicamente, di superare il tema della duplicità dell’Iva che esiste a prescindere da eventuali accertamenti in corso.
Cassazione, V sezione civile, sentenza 8473 del 6 aprile 2018