Controlli e liti

Doppia cessione intraUe, la prima è senza Iva se c’è vincolo di consegna

Un solo trasporto e diritto di proprietà non pieno del cessionario

Nelle triangolari intraUe, ove vi sono due cessioni di beni con un solo trasporto, a cura del promotore, la prima cessione non è imponibile ai fini Iva a condizione che il primo acquirente (It o Ue) non disponga dei beni come se fosse il proprietario, avendo il vincolo di consegna al destinatario finale. Se rispettata tale condizione il regime di non imponibilità resta anche laddove la merce oggetto della suddetta cessione è trasportata dal primo acquirente, intermediario dell’operazione.

L’articolo 58 Dl 331/1993 prevede un regime di non imponibilità della cessione interna, preliminare alla cessione intraUe, qualora «i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente».

In presenza di due cessioni di beni consecutive – da IT1 a IT2 e da IT2 a Ue – con un unico trasporto, la lettera della norma sembrerebbe concedere, ovvero negare, il regime di non imponibilità Iva a seconda che il trasporto sia effettuato dal primo cedente (IT1) o meno. La linea interpretativa seguita dai giudici di legittimità nel corso degli ultimi anni è via via più flessibile rispetto al testo normativo. Come per le triangolari all’esportazione, anche in riferimento all’operazione ex articolo 58, la tendenza è quella vincolare la non imponibilità della prima cessione alla volontà contrattuale delle parti e non al soggetto che materialmente effettua il trasporto ovvero è titolare del contratto stipulato con il vettore.

Con l’ordinanza n. 14853 la Cassazione non lascia spazio a dubbi sul fatto che il regime Iva dell’operazione non risenta di chi cura il trasporto. Ciò che conta è, piuttosto, che l’acquisto effettuato dall’acquirente nazionale sia in funzione della seconda cessione. In altre parole, la cessione da IT1 a IT2 non deve rilevare quale cessione autonoma, ma come «fase preliminare dell’operazione intracomunitaria». La Corte parla di un diritto di proprietà del primo cessionario italiano come non pieno. Questi, infatti, non può disporre della merce a suo piacimento, essendo vincolato a consegnarla all’acquirente finale, soggetto passivo Ue. Ovviamente, allo scopo di prevenire contestazioni contrarie, occorre una corretta rappresentazione documentale dell’operazione.

La Corte dichiara poi che, nelle cessioni all’esportazione, il codice alfanumerico Mrn apposto dagli Uffici doganali non nazionali è una prova valida dell’effettiva uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione. La circostanza che l’imballo e il carico della merce avviene in Italia non implica automaticamente che il contribuente avvii la procedura doganale presso gli Uffici italiani. L’Mrn rilasciato da una dogana non nazionale non ostacola la tracciabilità dell’esportazione.

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