Due conteggi per la mini-Imu
Per arrivare con successo in fondo al gioco dell'oca della «mini-Imu», bisogna percorrere quattro passaggi: capire se si è interessati dall'obbligo di presentarsi alla cassa entro il 24 gennaio; individuare le regole generali del calcolo dell'imposta; aggiungere eventuali fattori particolari che possono influire sull'importo e vedere se il risultato supera o meno il limite minimo di 12 euro o il valore diverso fissato dal Comune, sotto il quale l'imposta "scompare" per legge.
La platea
La prima casella non dipende dalle caratteristiche dell'abitazione, ma dalle scelte del Comune in cui è collocata.
Se il Comune nel 2013 (anche confermando un aumento già deciso nel 2012) ha previsto per l'abitazione principale un'aliquota superiore al 4 per mille, la «mini-Imu» è lì ad attenderci: se invece il Comune è rimasto fedele ai parametri standard fissati nel 2011 dal Governo Monti nel decreto «Salva-Italia» (e quindi non è compreso nell'elenco dei 2.400 Comuni che pubblichiamo nelle pagine precedenti; a questi si aggiungono quelli che sono intervenuti sui terreni agricoli), il problema della «mini-Imu» può essere archiviato perché in quel caso l'imposta non si paga. L'obbligo, infatti, nasce dal problema legato al fatto che Governo e Parlamento non hanno trovato le coperture per finanziare anche gli aumenti comunali, e quindi l'abolizione riguarda solo l'imposta ad aliquota standard.
La regola generale del calcolo
La seconda tappa è quella fondamentale per i contribuenti che abitando nei Comuni in cui l'aliquota è cresciuta devono fare i conti con la «mini-Imu». La procedura non è semplicissima, e si può così riassumere: la «mini-Imu» è pari al 40% della differenza fra l'imposta annuale calcolata con l'aliquota effettiva scelta dal Comune e l'imposta annuale basata sui parametri standard. Occorre dunque calcolare l'Imu reale, applicando aliquota e detrazioni (200 euro per tutti, 50 per ogni figlio convivente fino a 26 anni, a meno di eventuali aumenti degli sconti scelti dal Comune), e ripetere il calcolo con i parametri standard, cioè l'aliquota al quattro per mille e le detrazioni classiche da 200 euro e da 50 euro per figlio. Sulla differenza fra i due valori va calcolato il 40%, che rappresenta la somma da pagare: se per esempio l'Imu effettiva è di 200 euro, e l'Imu standard è di 100, l'importo da versare è di 40 euro.
I casi particolari
Il principio generale va tenuto in considerazione in tutti i casi, perché si adatta anche alle situazioni in cui intervengano delle variabili particolari.
Se, per esempio, il Comune ha aumentato la detrazione di base da 200 a 300 euro, il primo importo nel confronto, cioè quello dell'Imu determinata dai parametri comunali, dovrà tenerne conto.
Altre variabili non cambiano invece l'importo della «mini-Imu», perché si applicano sia all'imposta effettiva sia all'imposta standard e quindi non modificano la differenza fra le due. È il caso, per esempio, di un contribuente che abbia acquistato l'abitazione nel corso del 2013: sia l'Imu effettiva sia l'Imu standard vanno calcolati in proporzione ai mesi di possesso, e la «mini-Imu» è pari al 40% della differenza fra i due valori.
Lo stesso accade alle famiglie che hanno avuto un figlio nel 2013, e che dovranno applicare la detrazione aggiuntiva da 50 euro, riparametrata in base al numero dei mesi in cui il figlio è stato presente, sia all'Imu effettiva sia all'Imu standard.
L'ultima tappa: il limite minimo
Ultimati i calcoli appena descritti, bisogna effettuare un'ultima verifica: se il risultato finale, cioè il 40% della differenza fra Imu reale e Imu standard, è inferiore a 12 euro (o al limite diverso stabilito dal Comune), l'imposta non va pagata, dal momento che le regole tributarie (articolo 285 della legge 289/2002) evitano ai contribuenti l'obbligo di presentarsi alla cassa per i micro-versamenti.
Anche questa regola semplice incontra stranamente più di un problema applicativo qua e là per l'Italia, e impone di ribadire un altro principio da non dimenticare: la «mini-Imu» è un'imposta a sé, straordinaria e una tantum (grazie al cielo), per cui non si somma all'Imu ordinaria. Di conseguenza, se per esempio un contribuente è titolare di una «mini-Imu» da 10 euro, non è tenuto al versamento, anche nel caso in cui abbia un'altra pendenza con il Comune per l'Imu "ordinaria" del 2013 che andava pagata entro il 16 dicembre, perché le due imposte non si sommano e quindi il limite dei 12 euro non viene superato.
La questione del limite minimo interessa soprattutto chi ha figli conviventi, e di conseguenza deve tener conto delle detrazioni aggiuntive, dal momento che senza figli quest'importo viene raggiunto solo da immobili di valore modesto, che di conseguenza nella maggioranza dei casi non pagano né Imu né «mini-Imu».