Effetto a catena su ecobonus, lavori edilizi e spese mediche
La recente pronuncia della Suprema corte sui termini di decadenza per gli oneri pluriennali (sentenza 9993/2018) potrebbe avere un risvolto pratico anche con riguardo alle dichiarazioni delle persone fisiche non titolari di reddito di impresa. È il caso, ad esempio, delle spese di ristrutturazione edilizia, risparmio energetico o acquisto di arredi (recuperabili in dieci anni), così come delle spese mediche rateizzate in più esercizi: si tratta di oneri che, sebbene sostenuti in un determinato periodo di imposta, influiscono in più dichiarazioni.
Non di rado, l’agenzia delle Entrate, in occasione dei controlli formali, richiede la documentazione relativa al sostenimento della spesa, anche se riguarda un’annualità diversa rispetto a quella oggetto di controllo.
Secondo l’ufficio, infatti, la legittimità della deduzione o detrazione dell’onere, va verificata in origine e quindi se per le più diverse ragioni, la spesa o parte della stessa non poteva essere dedotta o detratta, il recupero può riguardare anche le annualità nelle quali è presente solo una quota dell’onere.
Si pensi a una ristrutturazione edilizia effettuata nel 2007 per la quale la detrazione sia stata divisa in dieci anni. Se l’Agenzia procede a un controllo formale della dichiarazione presentata nel 2016, normalmente richiede la documentazione del 2007 sul sostenimento della spesa (ricevute dei bonifici, fatture, permessi edilizi, eccetera). Dopodiché, in caso di irregolarità, recupererà la detrazione, anche se non è stata contestata nel primo esercizio di sostenimento (cioè nel 2007).
Ebbene, anche se nella pronuncia della Suprema corte si fa riferimento al reddito di impresa, è possibile ritenere applicabile il principio, nel presupposto che si tratta comunque di costi la cui deducibilità è ripartita nel tempo. In questa ipotesi il computo della decadenza decorrerebbe dall’anno in cui è stato iscritto il valore da ripartire. Perciò, se l’amministrazione non ha disconosciuto tale originaria iscrizione, le relative quote imputate negli esercizi successivi diverrebbero deducibili, salvo eventuali errori di calcolo o ripartizione.
A non dissimili conclusioni, peraltro, era giunta anche la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 128/2/17 depositata il 15 maggio 2017. Il collegio aveva affermato che le spese di ristrutturazione devono essere disconosciute prendendo come riferimento i termini di accertamento “ancorati” all’anno di sostenimento, poiché ne va contestata in origine la sussistenza dei presupposti. La Ctp aveva anche rilevato che diversamente, ci sarebbe il rischio che per ogni annualità l’ufficio possa adottare diversi comportamenti, creando così irragionevoli disparità di trattamento della medesima fattispecie. La questione tuttavia non può dirsi certo risolta, poiché occorrerà attendere ulteriori pronunce in tal senso, a consolidamento dell’attuale orientamento favorevole.
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di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware