Contabilità

Effetto rivalutazione da neutralizzare per il transfer pricing

L’agevolazione contabile può creare effetti distorsivi nelle analisi sui prezzi, soprattutto quando sono adottate logiche di cost plus e/o Tnmm

di Massimo Bellini e Alfredo Orlandi

La recente reintroduzione della possibilità di rivalutare gli asset aziendali richiede opportune considerazioni nelle analisi di transfer pricing (Tp), per evitare effetti distorsivi. Il Dl Agosto 104/2020, convertito con modifiche dalla legge 126/20, ha dato la possibilità ai contribuenti che non adottano i princìpi contabili internazionali di rivalutare le immobilizzazioni materiali e i beni immateriali tutelati giuridicamente. La norma ha la finalità di agevolare la situazione patrimoniale delle società duramente colpite dalla pandemia da Covid-19 e si inserisce in una serie di altri interventi per supportare le aziende in un momento di grande tensione economica.

Effetti in bilancio

La rivalutazione dei beni aziendali può creare delle interferenze nelle analisi di transfer pricing, soprattutto quando sono adottate logiche di cost plus e/o Tnmm. Il dubbio è se la base di costo per la determinazione dei prezzi di trasferimento debba includere o meno l’effetto della rivalutazione e/o se l’Ebit debba essere considerato al lordo o al netto della stessa.

Si ritiene che la risposta debba essere negativa, a prescindere da eventuali riconoscimenti fiscali. Infatti, se si includesse l’effetto della rivalutazione vi potrebbe essere una modifica dei prezzi di trasferimento, che non sarebbe giustificabile in quanto né il mercato, né le funzioni/rischi cambierebbero a seguito di un’operazione meramente contabile.

I dati di bilancio recepiranno gli effetti della rivalutazione comportando un aumento dei costi operativi, che ridurrà il risultato netto della società generando possibili scostamenti rispetto al benchmark. Tale scostamento sarebbe però giustificabile per i seguenti motivi e non dovrebbe richiedere alcun aggiustamento Tp.

Base contabile unica

Innanzitutto, va considerato che molti gruppi determinano i prezzi di trasferimento utilizzando una base contabile comune, ad esempio gli Ifrs. Ciò consente di evitare i disallineamenti che si creerebbero tra Paesi diversi utilizzando i vari principi contabili locali, con evidenti problemi di doppia imposizione. La verifica della congruità del Tp andrebbe pertanto condotta sulla base dei dati che il gruppo utilizza per la sua gestione. Ad esempio, se si utilizzano gli Ifrs per determinare i prezzi intercompany, tali principi contabili dovrebbero essere usati anche per la verifica della conformità con il principio di libera concorrenza. Poiché la rivalutazione impatta solo ai fini dei principi contabili nazionali, sarebbe irrilevante ai fini del transfer pricing.

Tale approccio basato un’unica base contabile è anche in linea con la più recente normativa. Si pensi ad esempio al Cbcr che può essere predisposto usando i dati del bilancio consolidato o i dati della contabilità interna. La stessa indicazione emerge dalle più recenti discussioni a livello Ocse sulla tassazione dell’economia digitale, come il pillar one, dove i profitti potrebbero essere allocati proprio con bilancio consolidato.

Contesto comparabile

Un ulteriore aspetto riguarda la confrontabilità del bilancio della società con quello dei comparabili. Le linee guida Ocse sottolineano l’importanza dell’omogeneità di dati tra la tested party e il benchmark quando l’analisi sui prezzi di trasferimento si basa sul margine della transazione. Se questa omogeneità non è rispettata, dovranno applicarsi gli opportuni aggiustamenti tra cui vi potrebbe essere la neutralizzazione degli effetti della rivalutazione, soprattutto se significativi.

Va infine considerato il paradigma del transfer pricing, ovvero il comportamento che un soggetto indipendente avrebbe in un contesto comparabile. Calando questo principio nel caso in questione, è evidente che una parte terza non potrebbe modificare i prezzi solo perché ha optato per la rivalutazione. Tale aumento, infatti non sarebbe accettato dal mercato, perché non giustificato da cambiamenti nel prodotto/servizio.

Del resto, una società indipendente non avrebbe nemmeno interesse ad aumentare il prezzo di vendita, rischiando di perdere quote di mercato a favore dei concorrenti, per recuperare un maggior costo figurativo che di fatto non ha comportato alcuna spesa effettiva.

GLI ESEMPI

Utilizzo degli Ifrs
Alfa svolge attività di produzione per la consociata Beta. Il conto economico civilistico è: ricavi da Beta 1.050; costi di produzione/operativi 1.000; maggiori ammortamenti per rivalutazione 50; risultato operativo 0.
L’intervallo di mercato di margini di produzione (risultato operativo/costi di produzione) è tra il 2 e il 7%.
Il gruppo usa gli Ifrs per il Tp.
I valori civilistici corrispondono a quelli Ifrs, tranne la rivalutazione.
Il margine civilistico è pari a 0%, ma i valori di riferimento per il Tp sono gli Ifrs secondo cui il margine senza la rivalutazione è congruo (50/1000=5%).
Non vanno fatti aggiustamenti (del resto non si può aumentare i prezzi di vendita ai clienti terzi a causa della rivalutazione).

Utilizzo dei principi
contabili nazionali
Gamma è un distributore di prodotti acquistati dalla consociata Teta. Il conto economico civilistico è: ricavi da terzi 1.000; costi di acquisto da Teta/operativi 950; maggiori ammortamenti per rivalutazione 100; risultato operativo -50.
L’intervallo di mercato di margini di distribuzione (risultato operativo/ricavi) è tra il 2 e il 7%. I comparabili non evidenziano effetti significativi della rivalutazione. Il gruppo usa i principi nazionali per il Tp.
Il margine operativo è -5%
(-50/1000), ma influenzato dalla rivalutazione, che andrebbe neutralizzata portandolo al 5% (50/1000). Non vanno fatti aggiustamenti (del resto non si può chiedere sconti ai fornitori terzi a casua della rivalutazione).

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